La riforma del Codice dell'Edilizia del 2001 e' molto attesa, ci scrive Vincenzo Carbone, architetto
Non solo e' necessaria per semplificare e avere norme chiare e procedure snelle, ma anche per favorire la rigenerazione e introdurre sul territorio nazionale definizioni e criteri uniformi, perche' su questa materia Stato e Regioni hanno "competenza concorrente"
Redazione
Sulla riforma del Codice dell'Edilizia del 2001, interviene Vincenzo Carbone (foto) architetto.
"La riforma - scrive - è molto attesa.
Non solo è necessaria per semplificare e avere norme chiare e procedure snelle ma anche per favorire la rigenerazione e introdurre sul territorio nazionale definizioni e criteri uniformi, perché su questa materia Stato e Regioni hanno "competenza concorrente".
L'altro aspetto è l'inadeguatezza della disciplina del 2001 rispetto alle notevoli metamorfosi delle città e l'inadeguatezza a contrastare la sottoutilizzazione del patrimonio edilizio.
Va affermato, come è importante il principio dell'indifferenza funzionale se ben disciplinato e i tipi d'interventi se ben definiti, a cominciare dalla ristrutturazione che è necessario distinguerlo dalla nuova edilizia, anche nell'ottica della legge sulla rigenerazione urbana, che deve guardare molto alla sperimentazione.
Come è stato evidenziato da più parti, la necessità è riformare per valorizzare il patrimonio e le funzioni dell'ecosistema.
E' centrale il riferimento all'ecosistema e anche alla direttiva europea Habitat.
Tant'è che l'approccio eco-sistemico assume forte rilievo sia nel governo delle città e sia nelle Università.
Va anche segnalato che la riforma non può non tener conto delle macro questioni urbane, anche se legate a città medio-grandi e soprattutto a quelle dove l'overtourism affligge i residenti per via del progressivo aumento degli affitti.
Ciò impone al legislatore e al Parlamento molta attenzione e prudenza, anche con rimandi ai regolamenti locali in modo da orientare meglio e localmente la questione dell'indifferenza funzionale nelle aree e negli immobili.
Il fenomeno non riguarda solo città come Firenze o Roma, anche altre.
L'aumento degli affitti può generare nei quartieri storici processi progressivi di gentrificazione.
A questo fenomeno, il Parlamento deve particolare attenzione per evitare processi devastanti e per garantire interclassismo sociale, come è giusto.
I settori dell'edilizia e del recupero sono da sempre importanti perché coinvolgono addetti, cittadini e istituzioni.
Oggi, questi settori possono tornare a trainare il Paese se associati a visioni di lungo periodo, con attenzione alla semplificazione e alla sperimentazione, come nel caso della rigenerazione, come le legislazioni europee ci segnalano, a cominciare dal "permesso di costruire d'innovare", pur nel rispetto degli obiettivi di "qualità urbana" fissati dalle città.
Questa visione evidenzia anche aspetti innovativi e creativi: la chiarezza della riforma dell'edilizia se raggiunta dall'iter parlamentare, farà assumere alla pianificazione valore principale, come è giusto.
Ciò sia nella visione strutturale (come nella Campania con il nuovo governo del territorio), sia nello scenario strategico come nel caso dei processi complessi (contratti d'area della Campania e le esperienze irpine o della costa Ebolitana o Domiziana) o nel caso dell'area vasta di Benevento (città e Comuni contigui possono configurano un unico ecosistema) a cominciare dalla condivisione di programmi sui servizi, infrastrutture, trasporti e turismo.
Modello, forse, da replicare e da promuovere dalla Regione.
Dunque, per molto tempo i temi della pianificazione erano considerati, quasi esclusivamente, per gli aspetti edilizi e il valore economico (basta rileggere le riflessioni di Giuseppe Campos Venuti su Roma).
Finalmente, tutti gli attori in campo e le Istituzioni hanno colto, con consapevolezza e cultura di governo, che la pianificazione, per un territorio o una città, è sempre associata ad una visione del futuro e alla prospettiva di "permanenza delle persone che abitano quella città".
In mancanza, la prospettiva di permanenza non c'è e lo sviluppo non è duraturo.
Ciò è fondamentale, soprattutto nel periodo che viviamo, scandito dalla rivoluzione digitale, dal lavoro a distanza e dalle problematiche sulla qualità dell'abitare delle città.
E' importante che le innovazioni in genere, quella digitale e quella delle risorse rinnovabili, assumano per i territori deboli e poco strutturati, una cornice di riferimento in modo da costruire la giusta e differenziata pianificazione strategica, fondata sul rigore analitico, sulla comprensione delle metamorfosi e le azioni per la permanenza degli abitanti.
Rigore che è necessario, per guidare le dinamiche che le metamorfosi instaurano con i residenti e con chi attraversa le città.
Una città ben progettata, suggerisce Elena Granata (Urbanista, del Politecnico di Milano) è quella che permette ai corpi di muoversi liberamente, alle comunità di riconoscersi, agli individui di sentirsi parte di un sistema vivo.
Le sue ricerche segnalano come le città, "per essere luoghi vivibili, debbano tornare a mettere al centro le relazioni, la permeabilità degli spazi, la possibilità di incontrarsi senza dover consumare".
Invita tutti a progettare con uno sguardo lungo, capace di tenere insieme clima, mutamenti sociali, fragilità economiche e risorse ambientali: elementi che non sono più variabili esterne, ma condizioni strutturali dell'abitare.
Emerge, una nuova urbanistica riformista, basata su ulteriori temi.
La fragilità economica e ambientale dei territori, il contrasto ai cambiamenti climatici e, soprattutto, la qualità urbana degli interventi fondamentale per la permanenza delle famiglie nelle città e nei Comuni".
comunicato n.174798
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