Al voto meno della meta' degli aventi diritto. Troppo poco per qualificare tali risultati come un'autentica espressione di investitura democratica
In questo modo il passaggio elettorale degrada fatalmente a mera "tecnica" di scelta tra candidati. Una responsabilita' di non poco rilievo si appunti anche sul sistema dei partiti, percepiti come sempre piu' distanti dalla base sociale. Non si conoscono ricette magiche per superare rapidamente questa grave crisi della partecipazione democratica che, verosimilmente, consegue al piu' generale declino etico del senso di responsabilita' politica
di Vincenzo Baldini, docente di Diritto Costituzionale
La recente tornata di elezioni regionali in Campania, Veneto e Puglia, ben oltre i risultati prodotti, ha confermato la tendenza, in atto da tempo, di una massiccia astensione dal voto lontananza dei cittadini.
I dati ufficiali dicono questo.
La percentuale di votanti, in tutte e tre le regioni interessate, si è tenuta ben al di sotto della metà del totale degli aventi diritto, così che, seppure ad un calcolo approssimativo, la percentuale di consenso elettorale ottenuta dai presidenti neoeletti tenderebbe ad aggirarsi intorno a circa un quarto dell'elettorato regionale complessivo.
E' troppo poco per qualificare tali risultati come un'autentica espressione di investitura democratica giacché in questo modo il passaggio elettorale degrada fatalmente a mera "tecnica" di scelta tra candidati.
In realtà, la democrazia quale principio ordinatore dell’organizzazione dello Stato, non vale a realizzare certo l’utopica identità di governanti e governati, nello stesso tempo però appare qualcosa di più e di diverso di un criterio tecnico di decisione secondo la regola di maggioranza.
Come espressione della libera autodeterminazione in ambito politico dei singoli cittadini riassunti, in fine, nel popolo dello Stato, la democrazia si incista necessariamente nel sistema dei valori che, a partire dalla dignità umana e sociale per finire alla libertà e all'eguaglianza, connotano irretrattabilmente l'identità costituzionale del nostro Stato.
Discettare sulle ragioni della descritta disaffezione al voto richiede un'analisi attenta e complessa che non può essere contenuta entro lo spazio di questa breve riflessione.
Tuttavia, non può farsi a meno di rilevare che, al riguardo, una responsabilità di non poco rilievo si appunti anche sul sistema dei partiti, percepiti come sempre più distanti dalla base sociale e involuti in una spirale di autoreferenzialità etica e politica che li rende, non di rado, alieni agli interessi emergenti nella comunità.
Numeri e percentuali sopra riportate confermano, dunque, il senso di profonda diffidenza e sfiducia dei cittadini verso i partiti e la politica, i primi percepiti essenzialmente come realtà chiuse e impenetrabili, la seconda invece come fomite di esercizio di potere nient'affatto mirato al servizio del Bene comune.
In siffatta, comune percezione è evidente lo scambio tra la politica come mezzo e fine di realizzazione dell'interesse generale ed un certo modo di fare politica.
Ad ogni modo, non si conoscono ricette magiche per superare rapidamente questa grave crisi della partecipazione democratica che, verosimilmente, consegue al più generale declino etico del senso di responsabilità politica.
Non sarebbe incongruo un più diretto riavvicinamento dei partiti (dal costituente pensati come soggetti dello Stato comunità di organizzazione la domanda politica della stessa società civile) alla base sociale, anche con soluzioni mirate ad una generale apertura, all'interno dei partiti, dei meccanismi di selezione del ceto politico (ad esempio, primarie libere nei partiti per la scelta dei candidati alle elezioni), alla maggiore chiarezza e trasparenza dei processi decisionali interni, unitamente ad una dialettica politica fondata sul confronto di idee e programmi, non, invece, votata esclusivamente allo sforzo di reciproca delegittimazione.
E' dovere anche etico del sistema politico scongiurare ogni rischio di indifferenza democratica poiché in quest’ultimo può annidarsi il seme di derive populistiche o espertocratiche (come l'esperienza di alcuni Paesi europei insegna) che finiscono per minimizzare il valore intrinseco del confronto tra partiti riducendo la politica a semplice decisione, ad esercizio puro di autorità.
La fiducia e l'affidamento nelle istituzioni democratiche è, dunque, l’antidoto per tale rischio ma esso non consegue senz'altro alla regolazione costituzionale delle forme di partecipazione popolare, piuttosto, vive e affonda le sue radici nel rispetto della libertà del singolo e nell’impegno responsabile di chi è chiamato a svolgere a tutti i livelli compiti di rappresentanza politica.
comunicato n.174594
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