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Benevento, 16-11-2025 09:38 ____
Il 7 settembre 2019, una domenica scrissi: "Non so oggi Elvira dove sia. Se queste povere righe capiteranno tra le sue mani, sarebbe bello rivederla
L'altra sera, al piano superiore dell'oreficeria Babuscio, ho ritrovato Elvira, dopo 70 anni. La lunga parabola della nostra conoscenza, iniziata con zia Lucia Babuscio, tanti decenni fa, si e' conclusa in quella stessa oreficeria di zia Lucia, appunto. Quasi un segno del destino, racconta Peppino De Lorenzo
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Peppino De Lorenzo, questa domenica, si sofferma su di una piacevole esperienza vissuta solo qualche giorno fa.
La stessa rappresenta la conclusione di una specifica richiesta che De Lorenzo pose, attraverso "Gazzetta di Benevento", nel lontano 2019.
L'articolo in questione, inoltre, è anche riportato nel secondo volume della collana "Gente di Benevento".
Un ricordo di fanciullo, in definitiva, che viene rivissuto dopo ben 70 anni.
"Ritengo, da subito, doveroso precisare che, in questa occasione, non è affatto mia intenzione soffermarmi, avendone scritto più volte su "Gazzetta di Benevento", sulle lontane origini dell'oreficeriIa Babuscio, anche se l'episodio che mi accingo ad esporre, casualmente, è a quest'ultima collegato.
Giorni fa, infatti, si è celebrato il centenario della nascita, qui a Benevento, della ditta in oggetto da quando il mio trisavolo, Anacleto Babuscio, nato giusto un secolo prima di me, giunse da Napoli nella nostra città, con una incarnata preparazione per l'arte orafa.
Per essere precisi, dai dati in mio possesso, non un secolo fa, bensì 150 anni or sono.
La storia di quella oreficeria è parte integrante della mia vita essendo mia madre, Margherita (nella prima foto in basso), appunto, una componente la famiglia Babuscio.
Tutti noi ci siamo sempre voluto un mondo di bene e, nel mondo caotico in cui viviamo, la nostra famiglia, quanto a legame affettivo, senza verun dubbio, potrebbe essere additata ad esempio (nella foto di apertura, del maggio 1951, Peppino De Lorenzo è innanzi alla vetrina dell'oreficeria di allora).
L'altra sera, mentre la mia mente era affollata da una miriade di ricordi della fanciullezza e della prima gioventù, nel momento in cui l'ansia era alle stelle, sono stato avvicinato da una signora a me sconosciuta.
La stessa, dal portamento elegante, ben curata nel vestire, dagli occhi brillantissimi come, poi, ho avuto modo di ricordarli un tempo, si è a me avvicinata dicendomi: "Sono Elvira, ricordi?".
Io, avvolto, appunto, dalla mia ansia, ho, inizialmente, titubato nella risposta.
Poi, d'improvviso, ho compreso. Era Elvira, la mia amichetta d'infanzia, di 70 anni fa.
Aveva, forse, cinque o sei anni, Elvira, quando io mi accorsi della sua esistenza sulla terra, lei della mia.
Di sera, rincasando, ci incontravamo, puntualmente, lungo viale Principe di Napoli. Lei alla mano del padre, impiegato delle Poste, io di zia Lucia Babuscio che tornava a casa dopo aver chiuso l'oreficeria.
Zia Lucia morì poco dopo, improvvisamente, il 26 novembre 1953 ed a lei, essendo nubile, subentò zio Anacleto nella gestione del negozio.
Ogni sera ci fermavamo ed Elvira divenne una piacevole compagna di giochi al rione Ferrovia.
Ci vedevamo ogni tanto. Luogo dell'incontro dinanzi all'esercizio commerciale dell'indimenticato "Ciccio 'u bar", all'angolo della strada che conduce alla Colonia Elioterapica (nella seconda foto in basso, il bar).
Mesi e mesi passavano. Poi, tornava. Allora, d'improvviso, ci si trovava più grandi.
Silenziosa e dolce, aveva due occhi brillantissimi ed insieme dicevamo di essere fidanzati.
Il nostro, era logico, rappresentava un gioco di bambini, un gioco in sostanza, che, comunque, ancora oggi, ricordo con immutata dolcezza.
Poi, un giorno, le regalai, quale prova del mio affetto innocente, una borsa di paglia, quelle piccole, destinate proprio alle bambine.
Dopo tante insistenze, convinsi mia madre di provvedere alla compera.
Nel mio animo, con l'innocenza dell'età, ero sicuro che al prossimo incontro, Elvira portasse con sé il mio dono.
Invece, niente. Andai via, lasciandola da sola, dinanzi al bar "Ciccio" e non la volli più vedere.
Su "Gazzetta di Benevento", il 7 settembre 2019, una domenica, nel narrare questo episodio, tra l'altro, testualmente, scrissi: "Non so, oggi, Elvira dove sia. Se queste povere righe capiteranno tra le sue mani, sarebbe bello, veramente bello, rivederla, anche se i bambini innocenti di allora sono divenuti nonni che vivono la propria esperienza infantile attraverso le nuove generazioni".
Quell'appello è caduto per anni nel vuoto.
L'altra sera, al piano superiore dell'oreficeria Babuscio, ho ritrovato Elvira, dopo 70 anni.
La lunga parabola della nostra conoscenza, iniziata con zia Lucia Babuscio, tanti decenni fa, si è conclusa in quella stessa oreficeria di zia Lucia, appunto.
Quasi un segno del destino.
Ritornato a casa, ho ricordato il titolo di quel meraviglioso libro di Vittorio Buttafava "La vita è bella nonostante".

  

comunicato n.174348




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