Giggino e' stato brutalmente strappato dalla realta' di affetti e relazioni umane costruite con amore e fatica per anni
E' stato portato in una struttura chiusa e sperduta in campagna, come un pacco, ignorando i suoi diritti e desideri. Come e' potuto accadere? Che colpa ha commesso Giggino per essere rinchiuso? Nessuna, denuncia Serena Romano, presidente de "La Rete Sociale"
Redazione
Serena Romano, presidente de "La Rete Sociale", ha voluto diffondere, in una nota inviata alla Stampa, la storia di Giggino (foto), sofferente di un disturbo psichico e, per questo, racconta, "portato in una struttura chiusa e sperduta in campagna".
"Si chiama Giggino (foto) - scrive - soffre di disturbo psichico e la sua storia rivela che in Campania esistono ancora i "manicomi".
Giggino abitava, infatti, in una civile abitazione.
Un gruppo di convivenza al centro del paese che gli permetteva di frequentare il bar e la parrocchia, di fare la spesa e di accedere a tutti i servizi essenziali che lo facilitavano nel suo percorso di inclusione sociale.
E i benefici sul piano sanitario furono presto evidenti: riduzione dei farmaci e azzeramento dei ricoveri tramite Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso).
Questo modello, insomma, è l'abc di un servizio che risponde ai bisogni delle persone fragili secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e secondo le normative dello Stato Italiano.
Ma non in Campania.
Qui Giggino è stato brutalmente strappato dalla realtà di affetti e relazioni umane costruite con amore e fatica per anni, e portato in una struttura chiusa e sperduta in campagna nell’alto casertano, come un pacco, ignorando i suoi diritti e desideri.
Come è potuto accadere? Che colpa ha commesso Giggino per essere rinchiuso? Nessuna.
La colpa sta nella legge che in Campania ha imposto un limite di pochi anni ai Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati (Ptri) come quello di cui ha usufruito Giggino.
Cioè un limite di permanenza in strutture sociosanitarie o di supporto domiciliare che aiutano al reinserimento sociale, mentre consentono una permanenza illimitata in strutture accreditate psichiatriche più restrittive, in tutto e per tutto simili a manicomi: quelle, cioè, perfino con sbarre alle finestre, dove i pazienti vivono rinchiusi anche per vent'anni come carcerati colpevoli di reato.
Ciò obbliga i pazienti senza casa o famiglia a subire un percorso istituzionalizzante in strutture chiuse dopo avere assaporato il piacere della libertà in quelle aperte.
Una soluzione cinica, paradossale, che fa fare al paziente "recuperato alla normalità" un cammino inverso, regressivo, non terapeutico perché come diceva Franco Basaglia autore della legge 180 sull'abolizione dei manicomi: "Il manicomio non serve a curare la malattia mentale, ma solo a distruggere il paziente".
Visto che questo andazzo in Campania raddoppia la spesa sanitaria per servizi inappropriati creando un danno erariale senza precedenti, noi della "Rete Sociale", i sindacati, altre cooperative o associazioni, tra le quali la "Nuova Cucina Organizzata" che ha divulgato la storia di Giggino, sporgeremo denuncia alla Corte dei Conti perché non ci stiamo più ad assistere inerti alle centinaia di storie come quella di Giggino.
Non ci stiamo più perché non è la "legge 180" che non funziona, ma una classe dirigente con una cultura manicomiale che se ne frega dei diritti e della dignità delle persone, duplica nuovi manicomi sotto falso nome e con lo smantellamento dei servizi di prossimità territoriale, lascia sole le famiglie e gli utenti scaricando su di loro il peso delle malattie.
Eppure non tutta la politica sembra fregarsene.
Il 20 marzo 2025 il Consiglio regionale campano ha approvato all'unanimità proprio la mozione che elimina il vincolo temporale dei Progetti Terapeutici Riabilitativi Individualizzati (Ptri).
Ciononostante, la Giunta regionale ad oggi non l'ha ancora recepita.
Non solo, il 27 luglio scorso, con sentenza numero 05543/2025, l'Asl di Caserta e la Regione Campania sono state condannate a proseguire un Ptri oltre i tre anni in quanto "La vocazione di pianificazione e organizzazione del servizio nelle varie aziende sanitarie regionali, non può spingersi fino a imporre tempistiche e fasce di età, ex ante e in maniera vincolante".
Una sentenza che, aggiungendosi ad altre evidenze giuridiche, fa presagire che anche la magistratura sembra orientata a far cadere questo muro di gomma di omertosi interessi".
comunicato n.174074
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