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Benevento, 26-08-2025 16:28 ____
Nessuna crociata ma vorremmo che queste nostre considerazioni fossero oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento
Lo ha detto l'arcivescovo Felice Accrocca al termine della due giorni del Forum delle Aree Interne. Concetto ribadito dal presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Matteo Zuppi. Il nostro intento non e' la zuffa. Mi auguro anche per voi giornalisti che ci sia la notizia, ma senza la baruffa. Proviamo a non essere strabici ed a condividere il percorso. Siparietto tra Costanzo e Mastella: Questa storia degli aeroplani che non devono passare su Benevento te la potevi anche risparmiare, dove ce l'azzecchi...
Nostro servizio
  

Momento finale al "Centro La Pace" per l'incontro dei vescovi delle aree interne in rappresentanza di undici regioni.
Presente anche quest'anno all'iniziativa, voluta dall'arcivescovo Felice Accrocca, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei).
Si è discusso sui temi dello spopolamento e delle criticità che interessano le aree interne, le più fragili del Paese, condividendo, così come abbiamo già riportato nel nostro resoconto sulla prima giornata di lavori svoltasi ieri, buone prassi pastorali tratte da varie realtà diocesane.
Contestualmente, confermiamo ancora dopo il rapporto di ieri, si è tenuto il confronto tra l'Intergruppo parlamentare "Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili" e i rappresentanti del Forum e del Cantiere nazionale Aree interne.
Presente al confronto, guidato dal coordinatore del Forum e Cantiere nazionale, Nico De Vincentiis, anche il presidente del tavolo tecnico dell'intergruppo parlamentare, l’economista Giovanni Barretta.
E' questo uno sguardo diverso, rispetto al piano strategico nazionale che decreta come irreversibile la morte di alcuni territori.
Crediamo sia necessario uno sguardo diverso.
Non si negano i problemi che ci sono ma le aree interne oltre a problemi e criticità hanno anche potenzialità, ha detto l'arcivescovo Accrocca nel riassumere il senso di questa proposta e della documentazione prodotta in questi due giorni di lavoro.
La lettera aperta al Governo e al Parlamento è stata sottoscritta da 135 prelati tra cardinali, arcivescovi e vescovi e quattro abati in rappresentanza peraltro di ben più di 135 Diocesi perché diversi vescovi hanno la cura di due diocesi e qualcuno addirittura di tre.
Il testo è stato condiviso anche con l'Associazione Nazionale Comuni d'Italia (Anci) qui rappresentata dal sindaco Mastella su delega del presidente Gaetano Manfredi.
La nota di Manfredi è stata parzialmente letta da monsignor Accrocca.
Ci auguriamo che queste nostre riflessioni frutto di esperienze maturate sul campo possano essere accolte, così come le offriamo, con spirito di serena collaborazione, senza alcuna polemica con nessuno perché vogliamo collaborare serenamente con il Governo e con il Parlamento.
Non abbiamo intenzione di fare nessuna crociata ma vorremmo condividere queste considerazione che ci auguriamo siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento.
Per questo siamo lieti di esporre queste nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo qualora ciò si ritenesse opportuno.
Lanciamo anche questo invito ad un dialogo a cui non vogliamo sottrarci e ci auguriamo che dall'altra parte ci sia la stessa intenzione e disponibilità, ha concluso monsignor Accrocca.
Quando la parola De Vincentiis l'ha passata al cardinale Zuppi questi con una battuta ha detto semplicemente: Confermo.
In tanti hanno firmato questa lettera, quasi i due terzi dei vescovi italiani.
Il nostro intento non è quello della zuffa, non è quella che vogliamo anche se capisco che a cominciare dai giornalisti l'auspichiate così c'è la notizia. Io mi auguro che ci sia la notizia ma senza la zuffa con l'auspicio che ci si trovi di fronte a due persone che con lo sguardo cerca l'altro per provare a non essere strabici ed a veder bene il percorso.
Il problema delle aree interne è quello del nostro passato perché le radici sono lì.
Più della metà dei comuni italiani sono piccoli o piccolissimi, che è poi la realtà italiana.
Quelle sono le nostre radici dove peraltro si ritrova anche il senso di comunità che ha bisogno di una politica che sia sgombera da ingorghi legislativi, troppe leggi, che rendono tutto inapplicabile ed evitare finanziamenti secondo logiche politico-elettorali.
Bisogna guardare dunque lontano in un percorso plurale e condiviso e guardare primenti al futuro anche dell'accoglienza che di questo futuro è una parte.
Non c'è futuro senza accoglienza.
C'è poi il problema dei vecchi e degli anziani che devono avere una vita protetta e garantita.
Se poi si riesce a fare qualcosa di interparlamentare, se non c'è la zuffa, come avviene nell'Anci dove c'è un'area civica e civile, mi auguro che questo avvenga cercando di invertire anche il corso della denatalità.
La comunità aiuta la fertilità, ha concluso Zuppi.
A questo punto ha preso la parola il sindaco Mastella il quale ha ringraziato i promotori dell'iniziativa i quali agiscono in mancanza di politica vera ed in funzione di supplenza atteso che quello che fate non dovrebbe essere di vostra stretta attinenza.
Le Regioni peraltro hanno assunto una gesdtione autarchica del potere anziché procedere al loro ruolo di programmazione.
Questo avviene anche in ragione del fatto che c'è un Parlamento inesistente.
Mastella, a margine della riunione finale, ha anche sottolineato come, nonostante occorra fare degli sforzi per essere uniti, già oggi vedo una scarsa presenza istituzionale.
Mancano quasi tutti i sindaci del Sannio che poi sono quelli più vivono le problematiche delle aree interne, così come assenti sono i consiglieri regionali ed i parlamentari.
Questo dà l'idea di una forma di acquiescenza o di rassegnazione cosa questa che bisogna assolutamente evitare.
Sul piano prospettico c'è il dato che la demografia non va in questa direzione e dunque bisogna creare le condizioni come quelle poste in essere dal fordismo.
Negli anni Cinquanta ci fu la presenza massiccia di persone che dal sud del Paese andarono al nord a lavorare alla Fiat, ma c'era anche l'esperienza di Olivetti ad Ivrea che era quella di un fordismo mite dove la gente era protagonista e non subalterna.
La stessa cosa bisogna fare anche qua.
Occorre l'intervento dello Stato ma che non c'è.
Quando con la Prima Repubblica realizzammo Gioia Tauro, ci furono tante critiche ma oggi quello è uno dei porti più importanti del Mediterraneo.
Bisogna allora veicolare con la fiscalità di vantaggio ed una serie di iniziative ma occorre anche che le strutture pubbliche siano sostenute con una forma di sinergia sul piano istituzionale.
Grida vendetta la proposta del Governo anche perché le zone interne, quelle della precarietà, ci sono in tutta Italia, ha concluso Mastella.
A questo punto c'è stato un simpatico siparietto con Roberto Costanzo che ha detto a Mastella: Dici anche tante cose interessanti ma questa storia degli aeroplani che non devono passare su Benevento te la potevi risparmiare dove ce l'azzecchi...
Ecco di seguito la nota integrale con la firme della lettera licenziata dal Forum.

Uno sguardo diverso
Lettera aperta al Governo e al Parlamento


Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali e in particolare i piccoli centri periferici, alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta.
S'impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.
La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l'ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che "la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive" (p. 45).
Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di "combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità" (ivi). Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all'Istat un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l'Obiettivo 4 della Strategia nazionale s'intitola: "Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile".
In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un "suicidio assistito" di questi territori.
Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, "con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a se stesse".
In sintesi, il sostegno per una morte felice.
In questo quadro complesso e preoccupante!, la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale.
Già nel maggio 2019 i vescovi della Metropolia beneventana sottoscrissero un documento (Mezzanotte del Mezzogiorno? Lettera agli Amministratori) che metteva a fuoco il persistente e grave ritardo nello sviluppo delle cosiddette "aree interne".
Prese avvio allora un percorso che ha avuto i suoi sviluppi.
Via via s'è andata difatti manifestando in maniera crescente anche l’esigenza di mettere a fuoco la questione da un punto di vista più strettamente pastorale: è per questo che, dal 2021 ogni anno, a Benevento, s'incontrano vescovi provenienti da tutte le regioni d'Italia al fine di avviare un confronto con l'obiettivo, se non di enucleare una pastorale per le aree interne, almeno di abbozzarne qualche linea.
Va inoltre precisato che la stessa Caritas italiana, facendo seguito alle richieste delle Caritas diocesane, sta avviando un coordinamento nazionale per le aree interne, pure con l’intento di sostenere le realtà territoriali nell’elaborazione di progetti che promuovano la coesione sociale e favoriscano la "restanza", ovvero la possibilità concreta per le persone, soprattutto i giovani, di scegliere di rimanere e costruire il proprio futuro nei luoghi in cui sono nati: un lavoro frutto di un processo dal basso, fondato sull'ascolto dei bisogni e sulla mappatura partecipata delle risorse locali.
Anche diversi interventi promossi con i fondi dell'8xmille testimoniano questa attenzione concreta: attivazione di una rete d'infermieri e operatori sociosanitari di comunità, servizi di taxi sociale, valorizzazione delle risorse esistenti per favorire occupazione e imprenditorialità locale.
Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate, quindi, non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne; risuonano anzi ancor più forti, dentro di noi, le parole del profeta: "Figlio dell'uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele" (Ez 3,17).
Non possiamo del resto non considerare come, nel corso degli anni, documenti e decreti governativi e regionali siano finiti in un ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili soltanto a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali, mettendo spesso le piccole realtà in contrasto tra loro e finendo per considerare come progetti strutturali piccoli interventi stagionali.
Chiediamo perciò che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d'invertire l'attuale narrazione delle aree interne.
Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese.
Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico.
Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un'esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo, in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità, a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l'identità rispetto alla frammentazione sociale; s'incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina.
In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe, oltre che segno di grave miopia politica, un torto fatto alla Nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall'uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio, per nulla ipotetico, di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell'immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell'Italia intera un museo a cielo aperto.
Ci auguriamo che queste nostre riflessioni, frutto di esperienze maturate sul campo, che offriamo in spirito di serena collaborazione, siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento. Per questo, saremmo lieti di poter esporre le nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno.
Con vivissima cordialità.

Mons. Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento
Card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, presidente Cei
Mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari, segretario generale Cei
Card. Baldassare Reina, vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma
Card. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli
Card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino, arcivescovo-vescovo di Susa
Card. Francesco Montenegro, amministratore apostolico dell'Eparchia di Piana degli Albanesi, arcivescovo emerito di Agrigento
Mons. Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena Nonantola, vescovo di Carpi, vicepresidente Cei
Mons. Gianpiero Palmieri, vescovo di Ascoli Piceno, vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, vicepresidente Cei
Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all'Jonio, vicepresidente Cei
Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, presidente Comece
Mons. Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù
Mons. Marco Prastaro, vescovo di Asti
Mons. Adriano Cevolotto, vescovo di Piacenza-Bobbio
Mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona
Mons. Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo
Mons. Mario Vaccari, vescovo di Massa Carrara-Pontremoli
Mons. Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace
Mons. Giacomo Cirulli, vescovo di Teano-Calvi, vescovo di Alife-Caiazzo, vescovo di Sessa Aurunca
Mons. Sabino Iannuzzi, vescovo di Castellaneta
Mons. Pietro Lagnese, vescovo di Caserta, vescovo di Capua
Mons. Gaetano Castello, vescovo ausiliare di Napoli
Mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona
Mons. Arturo Aiello, vescovo di Avellino
Mons. Carlo Villano, vescovo di Pozzuoli, vescovo di Ischia
Mons. Lauro Tisi, arcivescovo di Trento
Mons. Giuseppe Vegezzi, vescovo ausiliare di Milano
Mons. Andrea Bellandi, arcivescovo di Salerno
Mons. Francesco Soddu, vescovo di Terni-Narni-Amelia
Mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia
Mons. Benoni Ambarus, arcivescovo di Matera-Irsina, vescovo di Tricarico
Mons. Ciro Fanelli, vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa
Mons. Vincenzo Carmine Orofino, vescovo di Tursi-Lagonegro
Mons. Stefano Rega, vescovo di San Marco Argentano-Scalea
Mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa
Mons. Antonello Mura, vescovo di Nuoro, vescovo di Lanusei
Mons. Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia
Mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio
Mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo
Mons. Roberto Carboni, arcivescovo di Oristano, vescovo di Ales-Terralba
Mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri
Mons. Franco Alfano, arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia
Mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale
Mons. Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento
Mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone
Mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta
Mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania
Mons. Gualtiero Isacchi, arcivescovo di Monreale
Mons. Giuseppe Schillaci, vescovo di Nicosia
Mons. Salvatore Rumeo, vescovo di Noto
Mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo
Mons. Guglielmo Giombanco, vescovo di Patti
Mons. Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina
Mons. Giuseppe La Placa, vescovo di Ragusa
Mons. Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa
Mons. Pierino Fragnelli, vescovo di Trapani
Mons. Cesare Di Pietro, vescovo ausiliare di Messina
Mons. Luca Raimondi, vescovo ausiliare di Milano
Mons. Giuseppe Mazzafaro, vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant'Agata dei Goti
Mons. Orazio Francesco Piazza, vescovo di Viterbo
Mons. Ambrogio Spreafico, amministratore apostolico di Frosinone-Veroli-Ferentino, amministratore apostolico di Anagni-Alatri
Mons. Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Gubbio, vescovo di Città di Castello
Mons. Vito Piccinonna, vescovo di Rieti
Mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Orvieto-Todi
Mons. Daniele Gianotti, vescovo di Crema
Mons. Mauro Parmeggiani, vescovo di Tivoli, vescovo di Palestrina
Mons. Giuseppe Favale, vescovo di Conversano-Monopoli
Mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia
Mons. Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana
Mons. Luigi Vari, arcivescovo di Gaeta
Mons. Davide Carbonaro, arcivescovo di Potenza
Mons. Francesco Neri, arcivescovo di Otranto
Mons. Mauro Maria Morfino, vescovo di Alghero-Bosa
Mons. Mario Farci, vescovo di Iglesias
Mons. Antonio De Luca, vescovo di Teggiano-Policastro
Mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra
Mons. Paolo Giulietti, arcivescovo di Lucca
Mons. Pasquale Cascio, arcivescovo di Sant'Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia
Mons. Gianrico Ruzza, vescovo di Civitavecchia-Tarquinia, vescovo di Porto-Santa Rufina
Mons. Franco M. G. Agnesi, vicario generale di Milano
Mons. Leonardo D’Ascenzo, arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie
Mons. Angelo Spina, arcivescovo di Ancona-Osimo
Mons. Livio Corazza, vescovo di Forlì-Bertinoro
Mons. Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola
Mons. Calogero Marino, vescovo di Savona-Noli
Mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
Mons. Francesco Beneduce, vescovo ausiliare di Napoli
Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Cesena-Sarsina
Mons. Marco Brunetti, vescovo di Alba
Mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo
Mons. Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova
Mons. Daniele Salera, vescovo di Ivrea
Mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell'Azione Cattolica Italiana e dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
Mons. Roberto Fornaciari, vescovo di Tempio-Ampurias
Mons. Giacomo Morandi, arcivescovo-Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla
Mons. Domenico Beneventi, vescovo di San Marino-Montefeltro
Mons. Renato Marangoni, vescovo di Belluno-Feltre
Mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, vescovo di Foligno
Mons. Giuseppe Mengoli, vescovo di San Severo
Mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara
Mons. Francesco Marino, vescovo di Nola
Mons. Santo Marcianò, vescovo eletto di Frosinone-Veroli-Ferentino, vescovo eletto di Anagni-Alatri
Mons. Orazio Soricelli, arcivescovo di Amalfi-Cava de’Tirreni
Mons. Marco Arnolfo, arcivescovo di Vercelli
Mons. Giuseppe Giudice, vescovo di Nocera Inferiore-Sarno
Mons. Bernardino Giordano, vescovo di Grosseto, vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello
Mons. Marco Tasca, arcivescovo di Genova
Mons. Vincenzo Calvosa, vescovo di Vallo della Lucania
Mons. Gerardo Antonazzo, vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo
Mons. Ivo Muser, vescovo di Bolzano-Bressanone
Mons. Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria-Rovigo
Mons. Giuliano Brugnotto, vescovo di Vicenza
Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia
Mons. Giampaolo Dianin, vescovo di Chioggia
Mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso
Mons. Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia, vescovo di Pescia
Mons. Saverio Cannistrà, arcivescovo di Pisa
Mons. Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze
Mons. Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia
Mons. Claudio Maniago, arcivescovo di Catanzaro-Squillace
Mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma
Mons. Sergio Melillo, vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia
Mons. Paolo Ricciardi, vescovo di Jesi
Mons. Tommaso Caputo, arcivescovo prelato di Pompei
Mons. Francesco Sirufo, arcivescovo di Acerenza

Sottoscrive il documento l'intera Conferenza Episcopale Abruzzese Molisana:
Mons. Camillo Cibotti, vescovo di Isernia-Venafro (presidente), vescovo di Trivento
Mons. Emidio Cipollone, vescovo di Lanciano-Ortona (vicepresidente)
Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto
Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne
Mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri
Mons. Michele Fusco, vescovo di Sulmona-Valva
Mons. Giovanni Massaro, vescovo di Avezzano
Mons. Biagio Colaianni, arcivescovo di Campobasso-Bojano
Mons. Claudio Palumbo, vescovo di Termoli-Larino
Mons. Antonio D'Angelo, arcivescovo di L'Aquila
Dom Luca Antonio Fallica, abate di Montecassino
Dom Diego Gualtiero Rosa, abate territoriale di Monte Oliveto
Don Michele Petruzzelli, abate di Cava de' Tirreni
Don Riccardo Luca Guariglia, abate di Montevergine

Di seguito ecco il documento-studio del Forum delle Aree Interne

La sfida legislativa e la condivisione reale
Una prospettiva di convergenze e di consapevolezza


La questione delle diseguaglianze assume sempre toni e modalità di approccio apparentemente diversi che contribuiscono a definire il campo lasciandolo però al suo destino.
Fino a dichiararne l'insostenibilità come decretato con la recente stesura del Piano strategico nazionale (2025) che rischia quasi, specie in alcune parti, di sostituirsi di fatto alla formula dell'autonomia differenziata.
Una strategia quasi da "abbandono terapeutico" come segnale di resa da un lato e di scarsa consapevolezza anche di quanto positivamente si inserisce nelle agende istituzionali dall'altro.
Le sintesi, un po' affrettate e basate esclusivamente su dati statistici, sembrano a volte allontanarsi dall'idea che si possa e si debba lavorare su comunità e sviluppo locale utilizzando interventi più mirati e meno generici (pur nella focalizzazione di ambiti precisi), soluzioni concrete sganciate dagli interessi della politica e delle economie della competizione aggressiva.
Bisogna soprattutto agganciare il tema delle aree fragili alla ritrovata capacità di autodeterminazione e partecipazione delle popolazioni verso un orizzonte adeguato all’evoluzione della storia e delle scelte territoriali.

Più e meno
Dalle definizioni degli studiosi per descrivere le aree interne emerge in realtà una su tutte che è meno. Meno popolazione, meno nati, meno giovani, meno lavoro, meno collegamenti, meno servizi, meno speranze.
Tutti meno che si traducono in divario, disuguaglianze e povertà. Ma anche quando potremmo declinare la parola più finiamo sulla barra del meno.
Abbiamo la possibilità di un passato da far vivere e rendere produttivo per i territori ma sempre meno parole davvero nuove da spendere nel presente per trascinarlo nel futuro.
E non solo per il calo del numero dei "partigiani del racconto" bensì per il drastico abbassamento del livello di comunità e di dialogo che le società locali esprimono anche nella quotidianità.
Il più, relativo alla conquista del wi-fi e della banda larga, a esempio, è neutralizzato dalla mancanza di partecipazione reale.
Il Forum delle Aree Interne in questi anni ha cercato di lavorare su questo perché ritiene necessaria una diversa declinazione della problematica che investe le realtà più fragili del Paese, che attraversano e coinvolgono tutte le regioni rendendo la problematica oramai questione nazionale, specie per lo spopolamento e per il calo demografico.
L'azione svolta dal Forum, insieme ai vescovi di numerose diocesi italiane, a partire dal 2019, ha contribuito a delineare nuovi confini e diverse letture delle criticità e delle potenzialità di certi territori e soprattutto le troppe contraddizioni che lastricano il percorso verso un’organica e produttiva azione di sviluppo e di integrazione.
Tra esse il numero eccessivo di leggi che fanno riferimento alle aree interne ma rimaste in parte inapplicate perché poco conosciute e/o appesantite da procedure complesse.
E' stata prodotta una ricerca, quale contributo preliminare, per l'adozione di una sorta di "Testo Unico delle aree interne", che chiarisca e orienti enti, istituzioni e comunità verso un approdo convinto e convincente in cui certi territori possano trovare motivi e opportunità per sperare di evitare abbandono, spopolamento e rischio di estinzione.
Riteniamo che serva un piano, oltre la Strategia Nazionale, che va comunque ottimizzata, per garantire il diritto delle popolazioni a salvaguardare e coltivare la propria storia organizzando il loro futuro nelle terre di origine.
Pensiamo che si debbano raggiungere obiettivi concreti e mirati secondo una diversa visione dell’intervento dello Stato e delle Regioni.
Superare la logica distributiva di fondi (molti dei quali arrivano spesso prima ancora dei progetti) per coltivare, valorizzare e sostenere la resilienza delle popolazioni con una particolare attenzione alle relazioni intergenerazionali, al protagonismo e alla creatività dei giovani. Altra svolta necessaria sarebbe quella di classificare le aree interne non esclusivamente secondo i pur tanti "meno" (meno servizi, meno opportunità di collegamenti materiali e digitali, eccetera) ma anche relativamente al patrimonio di cultura, di solidarietà, di salvaguardia del racconto e delle tradizioni, di reciprocità e sussidiarietà che esse contengono.
Una visione qualitativa e non soltanto quantitativa dovrebbe presiedere a una rinnovata attenzione, sincera e non demagogica, della questione aree interne del Paese. Bisogna sottolineare che molti piani governativi introducono sì il concetto di qualità ma esso resta mera dichiarazione d'intenti.
In un contesto d'impegno e di collaborazione, il Forum delle Aree Interne, intende contribuire allo sforzo comune per rilanciare e rendere realmente produttiva la materia legislativa esistente, oltre a favorire interventi concreti e ispirati a un complessivo e articolato pacchetto di attese delle popolazioni interessate.

Lo stato dell'arte sul piano legislativo
2013: Istituzione dell’Agenzia per la Coesione Territoriale - Snai con L. 27 dicembre 2013, n. 14 per contrastare l'alto grado di spopolamento, di marginalizzazione e di degrado delle aree interne collinari.
Ne consegue: La definizione di aree interne; La previsione di attuazione di due livelli d’intervento, con due classi di azioni: servizi per la salute, scuola, mobilità, tutela del territorio, valorizzazione delle naturali e delle comunità locali, valorizzazione delle risorse naturali culturali e del turismo sostenibile, sistemi agro-alimentari e sviluppo locale, risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile, saper fare e artigianato.
2014-2020: fondi pubblici e politica di coesione
Le varie tappe: Sperimentazione della strategia attraverso l'attivazione di fondi pubblici, europei e da partenariati pubblico-privati su 71 aree pilota.
Documento accordo di partenariato, approvato dalla Commissione europea, che "definisce la strategia e le priorità di tale Stato membro nonché le modalità di impiego efficace ed efficiente dei fondi Sie al fine di perseguire la Strategia dell'Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva".
Il pacchetto legislativo sulla politica di coesione 2014-2020 (It, En, Fr) introduce importanti cambiamenti, quali un coordinamento rafforzato della programmazione dei quattro fondi comunitari collegati al Quadro Strategico Comune 2014-2020 in un unico documento.
La decisione di esecuzione della Commissione è del 20 gennaio 2020. Questa modifica la decisione di esecuzione che approva determinati elementi dell’accordo di partenariato con l'Italia.
Da tenere presente: Nel 2020 il valore complessivo delle strategie approvate sulle 71 aree è stata pari a 1,142 miliardi di euro divisi in 261 milioni di risorse statali, 693 milioni dai programmi finanziati dai fondi europei (Fesr, Fse, Feasr, Feamp), e 189 milioni da altre risorse pubbliche e private. La strategia stima inoltre un effetto leva da 1 a 4 per gli interventi rispetto alle risorse del Patto di Stabilità.
Nel corso del 2020 sono stati stanziati ulteriori 310 milioni di euro di fondi statali per premiare le aree pilota con le performance migliori e più coerenti con la strategia, e per attivare almeno 2 nuove aree pilota per Regione, processo che avverrà tramite una manifestazione d'interesse.
Lo Stato, in seguito, firma altro Accordo di partenariato relativo al ciclo di programmazione 2021-2027, approvato con Decisione di esecuzione della Ce il 15 luglio 2022, che mette a disposizione 75,3 miliardi di euro di Fondi Strutturali e di Investimento, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale.

Le risorse
Il nuovo ciclo vede alcune modifiche nella classificazione delle singole regioni. Infatti, sono considerate "in transizione" non solo l'Abruzzo, che si conferma in questa categoria, ma anche Umbria e Marche (precedentemente tra quelle "più sviluppate").
Le regioni "meno sviluppate" sono quelle rimanenti del Mezzogiorno (Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), mentre le "più sviluppate" comprendono quelle del Centro-Nord, con l'esclusione di Umbria e Marche.
Se si esclude la quota riservata alla Cte, le risorse europee e nazionali dei Fondi strutturali si distribuiscono come segue tra le tre aree: regioni più sviluppate: 23,882 miliardi di euro; regioni in transizione: 3,612 miliardi di euro; regioni meno sviluppate: 46,575 miliardi di euro.
Infine il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (Pnrr), il documento stipulato dal governo per l’accesso ai finanziamenti del Next Generation Eu, prevede di integrare i fondi destinati alle aree interne per un importo di 2,1 miliardi di euro durante il periodo 2021-2027.

I primi risultati
Si stima che 30 milioni di persone abbiano abbandonato o abbandoneranno le zone rurali d’Europa tra il 1993 e il 2033.
Le aree interne dell'Italia vedono, nonostante alcuni interventi operati con parte di predette risorse, un progressivo spopolamento e abbandono del territorio.
L'analisi dell'andamento dei cicli di programmazione, in particolare del periodo 2007-13 e 2014-20, pone in evidenza come l'Italia, uno dei maggiori beneficiari dei fondi della coesione, si collochi, nel confronto con gli altri Paesi membri, agli ultimi posti per efficienza ed efficacia nell'utilizzo delle risorse assegnate e, di conseguenza, per la capacità di massimizzarne l'impatto.
Comprendere le ragioni di tale condizione richiede una lettura il più possibile oggettiva del reale stato di avanzamento della politica di coesione, per coglierne le effettive lacune e individuare margini di intervento per consentire alle regioni italiane di beneficiare pienamente delle opportunità offerte da quella che possiamo a ragione considerare la più importante politica di investimento dell'Unione Europea.
Nel 2022, nonostante la mole di risorse investite in Italia nell'ambito della politica di coesione a partire dal 1994, l'ottava relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale della Commissione europea pone in evidenza come l'Italia sia uno dei Paesi in cui l'attesa riduzione dei divari tra le regioni non si sia verificata, e che, al contrario, dimostri una tendenza all'aumento delle disparità.
La Commissione sottolinea che i Paesi che si trovano in questa condizione vivono la "trappola dello sviluppo", e, in particolare, le regioni nelle quali questa condizione persiste per almeno quindici anni sono definite “intrappolate nello sviluppo”
Si tratta delle regioni che, pur ricevendo un sostegno sostanziale dalla politica di coesione, hanno stentato a sostenere una crescita a lungo termine, e presentano, come tratti comuni, bassi livelli di valore aggiunto nell’industria, di qualificazione del capitale umano, di innovazione e qualità istituzionale. Tali regioni sono particolarmente concentrate in Italia.
Il grave ritardo nell'avanzamento della spesa, che si traduce inequivocabilmente nel rischio di comprometterne gli obiettivi più importanti, è quello per l'effettivo sviluppo del territorio.
Nel mese di gennaio 2023, la Corte dei Conti, nell'ambito della "Relazione annuale 2022 sui rapporti finanziari Italia-Ue e sull'utilizzo dei Fondi europei", nel considerare le importanti interconnessioni tra il Pnrr e gli interventi della politica di coesione, auspica, alla luce dello stato di avanzamento della programmazione 2014-2020, che vi sia una "vera inversione di rotta" nell’attuazione di tali politiche e nella capacità di spesa delle risorse europee che definisce "preoccupanti".
Relazione, questa, approvata con Delibera n. 1/2023 dalla Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali della Corte dei Conti.

Criticità allarmanti
A tale evidenza, già estremamente grave, si aggiunge la constatazione, ancora più preoccupante, che l'impiego delle risorse nazionali è fermo a livelli di molto inferiori rispetto alle risorse europee.
A dispetto del disegno originario, delle finalità e dei principi sanciti dai Trattati, in Italia non è stata garantita la "addizionalità" delle risorse della politica di coesione, in quanto tali politiche hanno agito in sostituzione di quelle ordinarie, anche in considerazione dei continui tagli alla spesa per investimenti.
La lettura congiunta dei dati relativi alla programmazione e all’impiego dei Fondi strutturali e dei Fondi nazionali, che avrebbe dovuto evidenziare una comune tensione verso il perseguimento degli obiettivi della coesione, necessaria a garantire l'impiego aggiuntivo delle relative risorse, ha dimostrato invece nel tempo una sempre più debole integrazione e focalizzazione sugli obiettivi programmatici con duplice conseguenza: carenza delle capacità amministrative, a livello centrale come a livello locale
fragilità del presidio di coordinamento a fronte di funzioni di sostegno e accompagnamento rivelatesi, invece, sempre più necessarie.
A partire da queste premesse, con il Decreto Legge numero 101/2013 fu istituita l’Agenzia per la Coesione Territoriale, che ha acquisito parte delle funzioni del soppresso "Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica" incardinato presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
Successivamente, con il Decreto Legge numero 86/2018, è stato anche previsto il riordino delle competenze in materia di politiche per la coesione territoriale tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'Agenzia, definendo più chiaramente per quest'ultima i compiti operativi di sorveglianza sulla conduzione e attuazione dei Programmi di assistenza alle amministrazioni centrali e regionali titolari, la definizione di standard, linee guida e istruzioni operative, e la possibilità di proporre misure di accelerazione sulla base degli esiti dell’attività di monitoraggio, valutazione e verifica.
L'esperienza della programmazione 2014-2020, così come le analisi realizzate dalla Commissione europea nell'ambito del Semestre europeo (e.g. Country Report 2019, 2020), individuano nella debolezza della capacità amministrativa una delle principali sfide per il Paese in particolare per quanto riguarda gli investimenti, l’attuazione delle norme in materia di appalti pubblici e l'assorbimento dei Fondi Ue.
Sfida tanto più ardua quanto più ampia e diversificata è divenuta l’offerta di risorse per le politiche di sviluppo per i prossimi anni, comprese quelle della coesione 2014-20, del React-Eu e del ciclo 2021-27, le dotazioni Pnrr e, non ultime, quelle della coesione nazionale (Psc).
Il miglioramento dell'efficacia attuativa delle politiche di coesione è al centro del disegno strategico del programma nazionale "Capacità per la coesione" 2021-2027 che prevede la messa in campo di un’azione sistemica sul complesso degli attori delle politiche di coesione, con il ricorso a più strumenti e leve per il cambiamento: un consistente intervento sul rafforzamento della capacità amministrativa delle Regioni e dei Comuni
una significativa azione di potenziamento delle strutture responsabili della governance centrale, volta a internalizzare le funzioni necessarie e a creare un centro di competenza che possa rappresentare il presidio tecnico specialistico per ogni livello di governo.
l'istituzione di un meccanismo stabile di formazione tecnico-specialistica sulla politica di coesione.
La gestione delle crisi da parte delle regioni e delle città, la visibilità della politica di coesione andrebbe rafforzata, dal momento che il 33 % degli enti locali e regionali non è a conoscenza delle opportunità di finanziamento disponibili e non ne beneficia.

Le istanze territoriali
Il contributo delle zone rurali al conseguimento degli obiettivi ambiziosi e cruciali dell'Ue è a rischio per due motivi principali: i cambiamenti climatici, lo spopolamento di un numero equivalente alle popolazioni di Romania, Bulgaria e Lituania.
Inoltre, tra il 2015 e il 2021 la percentuale di persone di età superiore a 65 anni è aumentata del 5 % nelle zone rurali, il doppio rispetto alle zone urbane.
Lo spopolamento e l'invecchiamento della popolazione rurale determinano un circolo vizioso caratterizzato da minori investimenti nei servizi pubblici (ad esempio, assistenza all’infanzia, sanità e assistenza a lungo termine, istruzione, trasporti pubblici) e stagnazione economica o declino. Tale situazione preoccupante rappresenta una minaccia per la democrazia europea, in quanto è facile che le persone che rimangono nelle zone rurali si sentano lasciate indietro dalle istituzioni locali, nazionali ed europee.
Il piano NextGenerationEu rimane "sordo alle istanze territoriali": oltre il 70 % dei leader locali non è stato coinvolto nella sua attuazione.
Nonostante il notevole impegno spesso richiesto da parte delle pubbliche amministrazioni per garantire che i fondi dell'Ue siano utilizzati in modo efficace e dove sono più necessari, il ruolo delle regioni e delle città non è stato adeguatamente riconosciuto nella progettazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, la pietra angolare del piano per la ripresa NextGenerationEu.
Dai dati raccolti dal Cdr nel 2021 e 2022, confermati dal nuovo Barometro locale e regionale emerge che oltre il 70% degli intervistati ha affermato di non essere stato coinvolto nell’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza.
Lo strumento sembra pertanto essere "sordo alle istanze territoriali".
Consentire agli enti locali e regionali di individuare i settori più appropriati nei quali far confluire il sostegno finanziario rappresenta il modo più efficace per garantire che i fondi siano utilizzati al meglio.
Permettere agli Stati membri di decidere se coinvolgere o meno gli enti subnazionali nell'elaborazione dei programmi ne compromette il potenziale successo.
L'attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza ha influito direttamente anche sull’inizio dell’attuale periodo di programmazione della politica di coesione 2021-2027, causando notevoli ritardi.
Gli Stati membri e la Commissione europea devono adottare le misure necessarie per trasformare l’attuale approccio centralizzato in un metodo di attuazione multilivello del dispositivo per la ripresa e la resilienza, organizzando piattaforme multilivello, sessioni informative ed eventi su base strutturale e in collaborazione con le città e le regioni.
(Fonti: documentazione-stralcio da Internet Agenzia per la Coesione Territoriale, Snai)

Vocabolario inaccettabile
Il nuovo Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027 (Psnai), del marzo 2025, indica tra l'altro che nessun Comune ha di fronte un destino ineluttabile in relazione alle coordinate geografiche in cui si trova, ma sono molti i Comuni che rischiano un percorso di marginalizzazione irreversibile per le dinamiche demografiche che li caratterizzano.
Alla luce di quanto descritto è possibile distinguere quattro tipologie di obiettivi, nella prospettiva di rafforzare le condizioni delle Aree Interne, in funzione delle condizioni di partenza delle realtà locali:
Obiettivo 1: Inversione di tendenza relativamente alla popolazione. Come rappresentato dall’analisi statistica, non esistono margini per realizzare tale obiettivo a livello nazionale. La popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in località particolarmente attrattive.
Obiettivo 2: Inversione di tendenza relativamente alle nascite. Nello scenario nazionale più favorevole tra quelli contemplati dalle previsioni Istat la popolazione non cresce ma le nascite tornano a salire. In tale scenario la popolazione anziana aumenta comunque più della popolazione giovanile e i decessi rimangono maggiori rispetto alle nascite, ma la base demografica non va a indebolirsi ulteriormente.
Tale risultato richiede però una combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni (che rafforzano la componente in età riproduttiva e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità.
Una parte del Paese potrebbe riuscire ad avvicinarsi a tale scenario, ma verosimilmente non gran parte del Mezzogiorno e la maggioranza delle Aree interne (come evidenziano i dati stessi delle previsioni Istat disaggregati per regione).
Obiettivo 3: Contenimento della riduzione delle nascite (da diminuzione accentuata a moderata).
Questa è la tipologia che potrebbe riguardare il gruppo più ampio di Comuni delle Aree interne. Corrisponde ad un percorso che evita di rassegnarsi allo scenario peggiore e cerca di rimanere vicino allo scenario mediano delle previsioni Istat.
Data la struttura per età della popolazione di molte Aree interne (caratterizzata da forte indebolimento della componente giovane-adulta), il rallentamento della diminuzione delle nascite richiede comunque un aumento del numero medio di figli per donna (nello scenario mediano italiano passa dagli attuali 1,2 a quasi 1,4 nel 2050) e una progressiva riduzione del saldo migratorio negativo.
Questo obiettivo non mette in sicurezza la struttura demografica, ma evita che peggiori in modo tale da compromettere del tutto la sostenibilità nel breve-medio periodo.
Questo consente di tenere aperta la possibilità di miglioramenti futuri.
Obiettivo 4: Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile. Un numero non trascurabile di Aree interne si trova già con una struttura demografica compromessa (popolazione di piccole dimensioni, in forte declino, con accentuato squilibrio nel rapporto tra vecchie e nuove generazioni) oltre che con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività.
Queste Aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse.
Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita.
Ogni Comune deve poter valutare in quale di queste quattro tipologie si colloca, in base ai dati disponibili sulla situazione demografica e sulle condizioni sociali ed economiche, e potersi dotare di competenze e di strumenti più adatti al proprio caso per ottenere gli obiettivi specifici.
Le specificità locali sono fattori-chiave su cui puntare per favorire uno sviluppo endogeno con effetti duraturi nel tempo in grado di limitare lo spopolamento e rendere questi territori attraenti per i giovani.

Sfida improrogabile
Obiettivo primario per Stato, Regioni ed Enti locali, per una reale inversione di tale andamento, ora, richiede un esame oggettivo dell'esperienza fatta in questi anni, degli effetti positivi conseguiti indicando le realtà territoriali che hanno visto i progetti eseguiti e dei motivi di criticità attuali che hanno impedito la partecipazione, la presentazione e la esecuzione di progetti.
Bisogna superare le criticità emerse, come quella della tempistica dall’entrata in vigore di una legge, come quella della partecipazione e dell'ammissione ai bandi per la complessità a singole persone e a realtà istituzionali di piccole dimensioni, (la maggior parte dei Comuni delle aree interne ha meno di 5.000 abitanti), e, per questo, nella maggior parte dei casi, sono carenti di organi competenti ad istruire e a definire utilmente gli atti richiesti dai bandi nei tempi stabiliti.
Bisogna costruire un intenso cammino che sia tale da arginare il rischio comune dei suddetti quattro obiettivi dello spopolamento e del calo demografico, impiegando tutte le risorse disponibili in campo europee, statali, regionali e delle Pubbliche Amministrazioni in generale, private, dei cittadini e delle imprese, del terzo settore o dell'associazionismo, per tamponare questa lenta e costante emorragia e, poi, per cercare anche di invertire la rotta.
Al riguardo, per avere sostegno ai fini di azioni e interventi operativi, si ritiene che possa essere utile anche l’adozione di un "documento legislativo unitario" con la ricerca, il riesame ed il coordinamento delle varie norme di leggi vigenti in materia, in parte richiamate di seguito, provvedendo alla semplificazione delle relative procedure amministrativa e alla fissazione di un lungo periodo di vigenza con adeguati finanziamenti e o rifinanziamenti, aprendo i bandi a più sessioni per la presentazione di progetti.
Il fenomeno dello spopolamento e del calo demografico, previsto dall’Istat, non è solo delle aree interne, interessa tutto il territorio nazionale motivo per cui va affrontato con decisione, diversamente si consente l’erosione di uno degli elementi costitutivi dello stesso Stato, il popolo.
Il proposto documento va partecipato, ad avvenuta adozione e pubblicazione, con apposite e chiare direttive, con idonei mezzi alle Regioni, ai Comuni, all’unione di Comuni, all'Anci, all'Upi, all'Uncem, ai Gruppi di Azione Locale (Gal), alle Associazioni imprenditoriali di categorie e professionali, alle associazioni giovanili e a quegli incubatori di partecipazione costituitisi in questi anni sul tema specifico, in modo che, avvenuta la migliore conoscenza, coinvolga tutti alla sua piena e corretta applicazione.
In tale direzione va avviato, comunque, anche un programma di utilizzo capillare dell’Aire, istituita con legge 27 ottobre 1988, n. 470 in ogni Comune, e delle Ambasciate italiane all’estero, per promuovere la diffusione della conoscenza delle azioni possibili nelle "aree interne" a tutti gli iscritti.
Le risorse Pnrr trasferite all'Italia hanno raggiunto i 140,3 miliardi di euro sui 194,4 (il 72% del totale), la spesa avanza con difficoltà: solo il 34% delle risorse è stato utilizzato, con forti disomogeneità tra le missioni.
Completare gli investimenti del Pnrr è fondamentale per sostenere la crescita del Paese e destinare consistente fetta di risorse aggiuntive, invece che alle spese militari, all'obiettivo di affrontare questi fenomeni che affliggono il nostro Paese, senza tralasciare seri percorsi di inclusione e piena cittadinanza per l’unica risorsa in grado di calmierare le tendenze in corso e cioè i flussi di immigrazione.
Tale situazione richiede uno sforzo significativo da parte di tutti i soggetti coinvolti.
In sintesi, superando e l'elevata complessità del Pnrr e le difficoltà attuative, cercare di andare nella direzione della massima efficacia possibile nell’ottenere l’erogazione dei fondi assegnati e nella realizzazione degli interventi finanziati, non rinunciando assolutamente a ridurre i divari territoriali, di genere e generazionali.
In questa linea, occorre ripartire dal basso, dai Comuni e dalle città, e assumere mirate linee di sviluppo qualitativo delle aree interne rurali, collinari e montane, puntando alla effettiva realizzazione di servizi utili e necessari: a) per agevolare la permanenza delle persone residenti, b) per favorire il ritorno delle persone emigrate e per attrarre nuovi residenti c) per incentivare il recupero dei borghi (*).

Le azioni
Riorganizzazione dei servizi pubblici infermieristici ambulatoriali, domiciliari di comunità, riabilitativi ambulatoriali e domiciliari, di ogni attività di ricovero in Rsa, di attività di accoglienza e di informazione, di servizi per anziani, per disabilità e per minori; di presidi di assistenza farmaceutica nei borghi (D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n.421; art. 1 della L. n.221/1968, così come modificato dalla L. n.362/1991);
adeguamento dei plessi scolastici alle norme di sicurezza (Dpcm 27 ottobre 2023, n.208 Regolamento concernente l'organizzazione del Ministero dell'Istruzione e del Merito; L.30 Dicembre 2024, n.207 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027); attivazione di servizi di telefonia mobile e di connessioni digitali; e ammodernamento della rete internet ad alta velocità (D. L.gs 24 marzo 2024, n.48 codice delle comunicazioni elettroniche; D.L.gs 15 febbraio 2016, n. 33);
potenziamento del trasporto pubblico locale (D. Lgs. 19 novembre 1997, n.422, Leggi regionali di settore, Regolamento (Ce) n. 1370/2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, art. 1, comma 300, L. 24 dicembre 2007, n.244; Dlgs 20 settembre 1999, numero 400 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, n.422, recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale; DPR 17 giugno 2022 n.121);
revisione delle linee di trasporto pubblico tra centri urbani e aree rurali, collinari e montane (Dlgs 19 novembre 1997, n.422, Leggi regionali di settore, Regolamento (Ce) n. 1370/2007 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia, Art. 1, comma 300, L. 24 dicembre 2007, n.244; Dlgs 20 settembre 1999, n.400 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 novembre 1997, numero 422, recante conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale; Dpr 17 giugno 2022 n.121); salvaguardia e valorizzazione dei comuni montani, dell’ambiente, delle risorse naturali, del paesaggio, delle tradizioni territoriali, storiche e culturali, rilancio dei beni culturali (D.L.gs 3 aprile 2006, n.152 Norme in materia ambientale; L.  6 dicembre 1991 n.394 Legge quadro sulle aree protette; Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137.  L. 7 ottobre 2013, n. 112 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo; e art 9 della Costituzione Italiana ex Legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n.1); utilizzo dei bacini idrici per l’agricoltura, la prevenzione degli incendi, l’innevamento artificiale, allo scopo di affrontare gli effetti del cambiamento climatico e le sfide legate alla disponibilità di acqua (Dlgs 3 aprile 2018 n.34 Testo unico in materia di foreste e filiere forestali, emanato per regolamentare la gestione del patrimonio forestale italiano; L.21 novembre 2000 n.353 Legge-quadro in materia di incendi boschivi. attribuisce alle Regioni il compito di prevedere, prevenire e combattere attivamente gli incendi boschivi e riconosce allo Stato l’obbligo di aiutare a debellarli attraverso l’impiego dei mezzi aerei anti-incendio in sua dotazione); recupero dei borghi; di ristrutturazione di edifici abbandonati; di positiva disciplina dei principi per la ricomposizione fondiaria (L.6 ottobre 2017, n.158 Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni); aggiornamento degli indirizzi di programmazione nazionale in materia di sviluppo dell'artigianato e della valorizzazione delle produzioni artigiane nelle loro diverse espressioni territoriali, artistiche e tradizionali, con particolare riferimento alle agevolazioni di accesso al credito, all'assistenza tecnica, alla ricerca applicata, alla formazione professionale, all'associazionismo economico, alla realizzazione d'insediamenti artigiani, alle agevolazioni per l'esportazione (L. 8 agosto 1985, n.443 Legge-quadro per l'artigianato in Gazzetta Ufficiale, 24 agosto 1985, n.199; Llrr: Lazio Lr. 10 luglio 2007 n.10; Toscana Lr Burt 29 ottobre 2008 n.34 Bando "Più Artigianato", intesa in Regione per aumentare al 35%..."; Abruzzo Lr 30 ottobre 2009 - nuova legge organica; Emilia Romagna L.r 9 febbraio 2010, n.1; Campania Lr 7 agosto 2014 n.15; Friuli Venezia Giulia Lr 22 febbraio 2021, n.3; Marche L.r 2 agosto 2021 n.19).

Suggerimenti interventi operativi
Offrire incentivi agli operatori delle professioni sanitarie con contributo per la partecipazione ai concorsi presso il Servizio Sanitario Nazionale e garantire crediti d’imposta per l’acquisto di abitazioni a fini di servizio a seguito assunzione presso le aziende (Dpr 16 giugno 2023, n. 82 Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, concernente norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi);
incentivare i docenti con un credito d’imposta per le spese di locazione di immobili e con l’assegnazione di un punteggio supplementare per le graduatorie provinciali di supplenza (Dpr 16 giugno 2023, n.82 Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n.487, concernente norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi);
incentivare con contributi a fondo perduto emigrati e o lavoratori italiani, che decidono di rientrare in Italia, che hanno trascorso periodi di formazione e lavoro all'estero; incentivare l'ingresso di lavoratori stranieri che decidono di risiedere in predette aree per almeno
...anni (Dlgs 25 luglio 1998, n.286  Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero; Dpr. 14 settembre 2011, n. 179 Regolamento concernente la disciplina dell'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato, a norma dell'articolo 4-bis, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286; L. 30 dicembre 2020, n.178 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023; L. 9 agosto 2023, n.111 Delega al Governo per la riforma fiscale. (Gu n.189 del 14-08-2023) Articolo: 9 Vers: 1 [rientro in Italia di persone ivi formate occupate, congruo numero di lavoratori dipendenti dello, comma 1, lettera a), gli incentivi fiscali, con il mercato interno in applicazione degli, permanenza in Italia di studenti ivi formati, anche]; L. 13 novembre 2023 n.162 Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione); incentivare, con contributi, giovani che rientrano in dette aree, che intraprendono imprese innovative nei settori agricolo, artigianale e turistico e o che scelgono di lavorare in smart working (L.30 dicembre 2024, n. 207 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027;  Disegni Leggi delle regioni - anno 2013 - Umbria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Puglia, Toscana, Lazio, Veneto per sostegno della permanenza e del rientro dei giovani talenti; Comuni che hanno incentivato il ripopolamento dei borghi: Caccuri, Santa Severina (Calabria); incentivare, con bonus fiscali, giovani agricoltori per l'acquisto di terreni e di attrezzature (Regioni che hanno previsto un contributo finanziario per il trasferimento con apertura di attività in villaggi remoti e poco abitati: Molise, Calabria, Sardegna, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte); incentivare chi è disposto a trasferirsi e aprire o rilevare un'attività economica locale e chi decide l'acquisto o la ristrutturazione d'immobili (Regioni che hanno promosso con contributi finanziari il trasferimento della residenza nel loro territorio: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia; Comuni pronti a pagare a chi voglia traferirsi lì: Aieta, Albidona, Civita, San Donato di Ninea. Sant'Agata del Bianco (Calabria), Candela, Roseto Valfortore (Puglia) e Bormida (Liguria); incentivare nuovi imprenditori e piccole e medie imprese che si insediano nelle aree interne (L.4 agosto 1978, n.440 Norme per l'utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate; L. 30 giugno 1998 n. 208 Interventi nelle aree depresse. Istituzione di un Fondo rotativo per il finanziamento dei programmi di promozione imprenditoriale nelle aree depresse Art.1); incentivare famiglie e o aziende agricole che adottano tecniche biologiche, permacultura e agricoltura rigenerativa e o che con impianti di fotovoltaico e biomasse contribuiscono a ridurre il consumo di energia fossile (Dpr 22 febbraio 1982, n.182  Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta per la estensione alla regione delle disposizioni del decreto del presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e della normativa relativa agli enti soppressi con l'art. 1-bis del decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481, convertito nella legge 21 ottobre 1978, n. 641 (Gazzetta Ufficiale n. 114 del 27 aprile 1982) Articolo: 38;  Dlgs. 3 aprile 2006, n.152 Norme in materia ambientale (GU n. 88 del 14-04-2006 - Suppl. Ordinario n.96); Dlgs. 3 marzo 2011, n.28 Attuazione della direttiva 2009/28/Ce sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/Ce e 2003/30/Ce (GU n. 71 del 28-03-2011 - Suppl. Ordinario n. 81); L. 28 febbraio 2020, n.8 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n.162, recante disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica.(GU n.51 del 29-02-2020 - Suppl. Ordinario n.10)  Allegato: Allegato (Parte 1) Vers: 1; L. 30 dicembre 2020, n.178 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023. (GU n. 322 del 30-12-2020 - Suppl. Ordinario n.46); L. 22 aprile 2021, n.53 Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione Europea - Legge di delegazione europea 2019-2020. (GU n. 97 del 23-04-2021); Dlgs 8 Novembre 2021, n.199 Attuazione della direttiva (Ue) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. (GU n. 285 del 30-11-2021 - Suppl. Ordinario n.42); L. 9 marzo 2022, n.23 Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico (GU n. 69 del 23-03-2022); L. 29 giugno 2022, n.79 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr); L. 29 dicembre 2022, n.197 Bilancio di Previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025.)] (GU n.303 del 29-12-2022 - Suppl. Ordinario n.43); L.21 giugno 2023, n.74 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 aprile 2023, n.44, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche. (GU n. 143 del 21-06-2023 - Suppl. Ordinario n. 23) Allegato: Allegato Vers: 1); sostenere la creazione di cooperative di comunità che decidono di gestire terre incolte o abbandonate (Legge stralcio 21 ottobre 1950, n.841 Norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini; Dpr 24 Luglio 1977, n.616  Attuazione della delega di cui all'articolo 1 della legge 22 luglio 1975, n.382 (GU n.234 del 29-08-1977 - S. O.) 

(Fonti: i richiamati provvedimenti sono stati rilevati nella banca dati di "Normattiva" sito internet: https://www.normattiva.it/ricerca/veloce/5?tabID=0.35038344898359586&title=Dettaglio&bloccoAggiornamentoBreadCrumb=true)

(*) Nota: La Legge n.158 del 6 ottobre 2017, detta legge "salva borghi", citata negli "Appunti per una strategia (non solo finanziaria) di Gina Della Fazia, Nicola Grazioso, Domenico Leva - Luiss School of Government -Associazione Alunni Luiss della School of Government (Alsog) - Policy Brief n. 11/2023" è l'esempio di legge statale, con tempi e procedure complesse.
Questa legge inizia il suo iter parlamentare il 15 marzo 2013 e viene approvata all’unanimità, dopo quattro anni e mezzo, pubblicata nella G.U. n.256 del 2.11.2017
Inizia quindi l'iter attuativo con l'emanazione delle relative disposizioni: individuazione dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, Dpcm 23 luglio 2021, quattro anni per individuare i possibili beneficiari; definizione dei punteggi per stabilire la natura prioritaria o non prioritaria dei progetti, Dpcm 16 maggio 2022, e passato un altro anno circa; ancora un altro anno per emanazione del bando, pubblicato in G.U. il 14 luglio 2023, che prevede una scadenza a 25 giorni, 25 giorni per inviare la Pec su cui ricevere il Link per presentare la domanda nella relativa procedura informatica, in periodo di ferie per i pochi dipendenti dei Comuni con meno di 5.000 abitanti: scadenza del bando fissata al 9 agosto.
Poi la possibilità di presentazione delle domande dall'11 settembre al 3 ottobre, neanche 20 giorni per presentare progetti ipoteticamente complessi e per richiedere fino a 700.000 euro.
Cosa succede allora? Si ricorre ad una "proroga" per i Comuni che non hanno comunicato la pec, proroga al 24 ottobre con la scadenza per la presentazione delle domande spostata al 25 ottobre per tutti i Comuni interessati.
A tanto bisogna aggiungere il tempo necessario per stilare le graduatorie, assegnare i fondi ai Comuni e, poi, procedere alle aggiudicazioni, esecuzioni e collaudo lavori con molti altri adempimenti amministrativi connessi al pagamento degli stessi lavori.
Ci si domanda, dopo dieci anni dall'inizio del suo iter, quanti Comuni, con popolazione inferiori ai 5.000 abitanti, hanno potuto vedere gli effetti di questa legge.

Domande ed esperienze a confronto
E' facile avere conoscenza della legislazione europea e nazionale?
Quali difficoltà nell'applicazione delle leggi e delle relative procedure amministrative?
Quali tempi per le ammissioni alle azioni? Quali tempi per l’affidamento e l’esecuzione degli interventi? quali motivi di ritardo e o di non ammissione dei progetti?
Quali risultati sul territorio dalla spesa? Quali obiettivi ed effetti conseguiti?
E' seguita ed attuata normale e ordinaria gestione del territorio dopo la realizzazione degli interventi? o difficoltà? Quali?
E' necessario che il territorio regionale/provinciale/comunale sia dotato di esperti?
La spesa effettuata ha dato segnali rispetto alle finalità della stessa? Percentuale?
Suggerimenti per superare percorsi difficili ed invertire lo spopolamento ed il calo demografico.

Lo scenario, l'impegno
L'intento di questo contributo da parte del Forum è dunque mantenere vivo il confronto su una materia delicatissima alla quale si guarda con alterna attenzione e con troppe distrazioni da parte della politica e della società tutta.
Pensiamo che occorra sensibilizzare i vari settori sociali, imprenditoriali e intellettuali, a vivere organicamente il percorso verso le possibili soluzioni integrandosi tra loro perché la questione delle Aree Interne (spopolamento e calo demografico) possa ottenere risposte e non assurdi abbandoni strumentali, che sfiorano la cattiveria sociale.
Sollecitiamo per questo una convergenza concreta e condivisa delle competenze sul campo e tra territori e i livelli parlamentari e governativi.
Ognuno faccia la propria parte, senza inutili protagonismi e sterili "colpi di tacco".
Serve una gestione di sintesi e di pieno coinvolgimento di tutti gli attori perché si sappia lavorare al risultato prima che allo sviluppo esclusivo delle proprie idee e dei propri singoli progetti.

  

  

  

  

   

  

  

comunicato n.172786




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