Molti anni fa la gentrificazione, il cambiamento sociale delle aree centrali delle citta' con allontanamento delle famiglie era una criticita' modesta
Negli ultimi anni il fenomeno e' cresciuto a dismisura, soprattutto nelle medie e grandi citta', generando periferie senza identita', senza "grazia estetica" e poca socialita' e sicurezza, scrive Vincenzo Carbone, architetto
Redazione
Sulla questione urbanistica, torna Vincenzo Carbone, architetto.
"Le periferie, i quartieri, la mobilità - scrive - sono i temi che influenzano le città e condizionano l'economia e il lavoro e incidono sullo spopolamento, sulla valorizzazione delle risorse e sulle vocazioni.
Segnano a fondo la quotidianità, generando felicità o infelicità, o semplicemente mantenendo sospese le persone, le famiglie, il futuro.
Possiamo provare a riflettere su questi temi spinosi e talvolta oscuri, secondo il punto di vista delle persone.
Molti anni fa la gentrificazione, ossia il cambiamento sociale delle aree centrali delle città con l'allontanamento delle famiglie per l'aumento dei costi, era una criticità modesta.
Negli ultimi anni, invece, il fenomeno è cresciuto a dismisura, soprattutto nelle medie e grandi città, generando periferie senza identità, senza "grazia estetica" e poca socialità e sicurezza.
Gli affitti brevi, l'aumento dei prezzi degli immobili ristrutturati, le condizioni e limitazioni del traffico urbano, hanno concorso a formare situazioni inaspettate.
Il rinnovamento edilizio spesso ha oscurato i contraccolpi e non ha permesso di valutare appieno gli effetti indiretti dei cambiamenti.
Tutto ciò causa preoccupazione.
Le periferie e l'insicurezza dei quartieri, generano timore anche nelle amministrazioni, impegnate a trovare iniziative urbanistiche adeguate, per attivare ammortizzatori sociali e soluzioni compensative, senza arrestare l'indispensabile rinnovamento.
Se analizziamo, ad esempio, Milano, si comprende che fino a quindici anni fa le torri esistenti erano la Torre Velasca di Ernesto Rogers (studio Bbpr) e il Pirellone di Giò Ponti; il rinnovamento era all'inizio e i quartieri avevano un profilo classico.
Dall’Expo si è avuto la grande trasformazione urbanistica con una città che ancora affascina per lo skiline, tenendo attaccata l'Italia all'Europa.
Non solo le Torri di Porta Nuova (il Luna Park delle Varesine, memoria dei milanesi) ma un poderoso rinnovo del patrimonio malmesso.
Architetture biofiliche al posto di fabbriche non funzionanti, come quella dell'Isotta Fraschini, storica auto italiana insieme al Biscione.
Oggi l'isolato in via Monte Rosa è la sede del Sole 24ore, capolavoro di Renzo Piano.
In generale, conviene, quindi, interrogarsi sui chiaroscuri. E' indubbio che va compresa l’essenzialità delle trasformazioni, ossia, non bisogna fare l'errore di "buttare il bambino insieme all'acqua sporca".
Quali sono, allora, le essenzialità?
La prima è che il rinnovamento è ciclicamente presente nella storia delle città. Ogni epoca ha governato il rinnovamento a suo modo, basta citare l'urbanistica chirurgica di Haussmann che non fu applicata solo a Parigi; oggi, però, non si può prescindere dal contrasto alle diseguaglianze.
La seconda è che il rinnovamento non può escludere la strategia dell'urbanità.
L'urbanità è la coesistenza di connessioni sociali e luoghi che coniugano benessere e l'orgoglio di vivere nella comunità, sconfiggendo l'isolamento delle periferie.
La terza è che le grandi trasformazioni non possono mettere da parte l’idea della città, né lasciare sullo sfondo la pianificazione (adattiva e performativa).
Sviluppo e pianificazione territoriale sono diventati processi combinati.
Il processo combinato stimola la domanda, anche in presenza di contrazione demografica, individua gli indicatori di benessere e qualità edilizia. Mette insieme la regia pubblica degli interventi pubblici e privati, delle connessioni verdi, con la sperimentazione edilizia dei privati, imprenditori e fondi d’investimento.
L’Italia, però, diversamente dagli altri Stati dell’Europa, ha un labirinto di leggi nell'edilizia e nell'urbanistica.
Neanche la sbornia del super-bonus ha reso possibile la riforma dei Testi Unici.
Si è arricchito il tema della ristrutturazione edilizia, mettendo da parte, invece, la rigenerazione urbana qualificante, soprattutto per le città piccole.
Un altro aspetto è che gli insediamenti verticali consumano meno suolo, ma la replicabilità dipende dalla diversa identità della città; quelle che hanno sperimentato la verticalità sono delle singolarità, come Milano.
La verticalità, però, non può essere confinata alla questione del contrasto al consumo di suolo.
Perché da sempre l'uomo ha ingaggiato una sfida con il cielo, basta ricordare il mito della Torre di Babele o le sfide delle cattedrali gotiche come Notre Dame di Parigi, l'invenzione degli archi rampanti per salire più in alto insieme alla trasparenza delle vetrate colorate.
La verticalità rappresenta, l'orgoglio dell'uomo a superare i limiti, nell'ingegneria e nell'architettura.
Rispetto a ciò le Torri di Milano competono meravigliosamente con il mito e la sfida di superare i limiti; gareggiano con le Torri della City di Londra, quelle del Grande Arche di Parigi o del lungomare di Barcellona o con la Torre Agbar nel distretto Sant Martì.
Per le città italiane ed europee la verticalità e le City sono singolarità.
Diversamente dalle megalopoli dell'Asia, o dalle City della penisola Arabica del Medio Oriente o dell'America settentrionale, modelli fondati su verticalità, potere e ricerca, come nella torre biofilica di Carlo Ratti, alta 280 metri CapitaSpring di Singapore, nuovo urbanismo verticale e sistema globale di funzioni, verde, servizi e produzione.
Viene da chiedersi: quand'è che accade che l’asse delle trasformazioni sposta il carattere di città autentica a quella di città falsa? Questa distinzione vale ancora?
Tornando al panorama italiano, pur giudicando la verticalità una singolarità fino ad ora, è corretto considerarla nell’analisi della città policentrica, evoluzione della città dei quartieri, elemento della tradizione, come si desume dai nomi, grande rione, borgata, contrada, sobborgo.
Il policentrismo evita la formazione delle periferie, obiettivo non da trascurare ma principalmente governa la gentrificazione, che è il fenomeno urbano più preoccupante.
Il policentrismo costruisce un "ecosistema urbano" attrattivo, combinando urbanità con attività istituzionali, economiche, formative, ricreative e del welfare. Contrasta, così, lo spopolamento, invogliando i giovani a ritornare.
Per estensione il paradigma diventa il modello della città dell'area vasta, anche per ricchezza e rafforzamento di coesione e coralità.
Esso è rivolto soprattutto alle città piccole, e soprattutto a quelle del Mezzogiorno, dove si avverte un cambio, una mutazione positiva, culturale, economica e formativa che parte da Napoli e che qualcuno definisce "la nuova Lombardia".
In conclusione sviluppo economico e città vasta, sono i terreni fertili del nuovo laboratorio.
L'incipit "tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è, invece, infelice a modo suo" (Anna Karenina), in modo traslato, rappresenta la nuova sfida".
comunicato n.172772
Società Editoriale "Maloeis" - Gazzetta di Benevento - via Erik Mutarelli, 28 - 82100 Benevento - tel. e fax 0824 40100
email info@gazzettabenevento.it -
partita Iva 01051510624
Pagine visitate 701280014 / Informativa Privacy