Sulla superficie di un talismano forgiato dalle streghe le megere avevano inciso una frase misteriosa, narrava una nonnina agli attenti scolari...
Chiunque lo avesse posseduto, dopo avere letto la citazione al contrario, avrebbe ricevuto una energia soprannaturale benefica, necessaria al raggiungimento di prosperita' e ricchezza. Gli effetti salvifici ricevuti avrebbero preservato il possessore da pericoli e malattie causati da forze ostili. In virtu' della potenza sprigionata, le streghe lo avevano nascosto in un luogo segreto, il cui percorso era stato descritto in un libro sacro, andato perduto ma alla cui ricerca si era messo un bambino oramai pensionato...
Nostro servizio
Un professore curioso e i suoi fidati amici, alla ricerca di un antico talismano, inseguiti da un misterioso rivale pronto a tutto per ostacolarli, scrive in questa presentazione, Luca De Lipsis.
Inizia così una storia avvincente che vi terrà con il fiato sospeso, tra enigmi, colpi di scena, morti misteriose e inseguimenti nei luoghi più affascinanti della città.
Dal misterioso Toro Apis al leggendario Noce delle Streghe, passando per i silenzi millenari del Teatro Romano.
Ogni tappa nasconde un indizio, ogni monumento custodisce un segreto. E al centro di tutto, un enigma mai risolto: La scomparsa di una donna misteriosa, mai ritrovata… la moglie del professor Palmieri.
Inizialmente concepito come un romanzo unico, "Il Talismano" è stato successivamente compattato per essere raccolto insieme agli altri racconti pubblicati di volta in volta su Gazzetta.
Tutto ciò, però, non ne ha affatto sminuito il fascino e il mistero... tant’è che è il racconto preferito dagli autori e chissà che un giorno non possa diventare un romanzo best seller.
Voglio ringraziare il direttore Alfredo Pietronigro per averci dato la possibilità di sperimentare questa nuova iniziativa con i nostri racconti, e tutti voi lettori che ci avete dedicato il vostro tempo e interesse.
Spero che i racconti vi siano piaciuti e che questa possa essere l'inizio di una proficua collaborazione, sempre per amore della lettura e della cultura.
A Pier Paolo Vergineo, amico e collega, uomo arguto di profonda cultura e sensibilità
Al caro amico Flavio, commissario Tranquilli…
IL TALISMANO Prima parte
Anno 1940. Gli occhi iniettati di sangue e il ghigno sul volto gli conferivano un aspetto infernale.
Un rivolo di saliva gli scendeva dall’angolo della bocca aperta. Freneticamente, con la mano destra, dipingeva con i pastelli litografici un inquietante disegno. L'arto si muoveva avulso dal corpo, guidato da una forza soprannaturale che ne suggeriva i particolari.
La pioggia batteva violentemente sui vetri della finestra dello studio.
Il silenzio dell'ambiente circostante era frequentemente interrotto da grossi tuoni, preceduti dal bagliore dei fulmini, la cui luce si rifletteva su parte del disegno, come una lampada intermittente.
L'uomo, in trance, continuava la sua opera, senza essere distratto dalla calamità naturale, emettendo suoni gutturali alternati a risate isteriche.
Compiacendosi della sua opera, di tanto in tanto portava alla bocca una bottiglia di whiskey, sorseggiandola più per sete che per gusto.
Di fronte a lui, appoggiato su una scrivania, un libro dalla copertina rossa lucida, sul cui frontespizio era stampato il titolo che echeggiava antiche leggende: De magicis artibus et veneficiis.
Esso era l'oggetto della raffigurazione.
Nella tela, il manoscritto, era tenuto in mano da un guerriero rivestito di una corazza, con il volto coperto da un elmo ogivale, seduto a cavalcioni su un onocentauro.
Il combattente prendeva parte a un macabro rito stregonesco. In secondo piano erano dipinte tre donne intente a mescolare un liquido giallo contenuto in un pentolone posto ai loro piedi.
Dal calderone si alzava una nube di vapore bianco che andava definendo la sagoma di un teschio.
Quando arrivò l'alba il temporale si affievolì e una flebile luce mattutina anticipò il sopraggiungere di una giornata serena.
Il pittore aveva appena terminato il quadro, stanco e inebriato dai fumi dell'alcool.
Si scostò di pochi centimetri dalla sua opera per ammirarla poi, soddisfatto, si accasciò sulla poltrona.
La mano destra gli cadde penzoloni, liberando la bottiglia ormai vuota che rotolò per tutto il pavimento della stanza, prima di fermare la sua corsa sbattendo contro il muro perimetrale.
Ora il guerriero dipinto sembrava vegliare il suo creatore, ormai affidatosi alle braccia di Morfeo.
Anno 1960. L'estate era cominciata proprio male per il professor Palmieri. Vedovo e con l’unica figlia lontana, trascorreva le lunghe giornate afose a leggere e studiare, unico diletto a cui si dedicava, ormai in pensione, cercando di ingannare il tempo e la noia e allontanare i pensieri gravosi. Voleva dare un senso al suo tempo vuoto.
Da quando aveva perso la moglie nulla era stato più come prima e il rapporto con la figlia si era tramutato in una corrispondenza a distanza, dopo che lei era andata a vivere lontano. Si sentivano al telefono raramente, si vedevano ancora meno.
Talora, la sera, su insistenza di alcuni vecchi e affezionati amici d’infanzia intenti a scuoterlo dal suo isolamento, usciva alla ricerca di un buon bicchiere di falanghina ghiacciata, da gustare sulle fresche colline intorno alla città.
Erano serate piacevoli in cui ricordava il felice passato, felice fino a quel maledetto giorno… In quei momenti di allegria gli piaceva raccontare agli amici l’esito delle sue ricerche.
Appassionato di storia e, in particolare, di storia cittadina, tentava di chiarire a sé stesso e agli altri alcuni misteri come era solito chiamare i momenti ingarbugliati del passato.
Le ricerche avvenivano quasi sempre tra libri e carteggi polverosi di epoche dimenticate. Ma, come si diceva, l'estate era cominciata male.
Il professore aveva iniziato a soffrire di capogiri e mancamenti che lo coglievano nei momenti più inaspettati, isolandolo dall’ambiente esterno. In quelle circostanze di coscienza alterata aveva strane visioni, miraggi, che gli scorrevano davanti senza che potesse distinguere suoni o immagini. Le dispercezioni lo lasciavano sempre molto turbato.
Il caldo afoso non poteva giustificare da solo il suo malessere. Ma lui non aveva paura per la sua salute: La morte gli avrebbe consentito di raggiungere la moglie.
A volte si domandava perché non farla finita, ma il pensiero della figlia, anche se lontana, lo lasciava attaccato alla vita.
E, intanto, vagava tra librai antiquari, biblioteche e robivecchi alla ricerca di racconti leggendari per trascorrere le interminabili giornate di solitudine. La storia della sua città dava numerosi spunti alle ricerche.
Nonostante fosse sempre impegnato nella lettura di qualcosa, da parecchi mesi mostrava una certa irrequietezza.
In una delle trance in cui era caduto, era riemerso un ricordo molto lontano e da allora quel pensiero non lo aveva più lasciato.
Ritornava nella mente come un tarlo fisso. Ricordava di quando, all'uscita da scuola, si fermava con i compagni di classe in una drogheria gestita da una vecchia signora a comprare con poche lire liquirizie e caramelle da usare come posta nelle gare di corsa o nei giochi con le biglie. Talora, qualcuno cercava di prendere più caramelle di quante potesse pagarne, ma l'anziana donna, con occhio vigile, immediatamente lo redarguiva minacciandolo che le streghe sarebbero piombate su di lui nella notte per recuperare il maltolto.
La donna, quando era di buon umore, si soffermava a raccontare lunghe storie ai bambini più docili.
Tra essi c'era il professore che, appunto, ne aveva custodita nella mente una in particolare.
Essa parlava di un talismano forgiato a più riprese da alcune streghe, in un'epoca che si perdeva nella notte dei tempi. Sulla sua superficie le megere avevano inciso una frase misteriosa: Nunc tua potestas non transit limen.
Chiunque lo avesse posseduto, dopo avere letto la citazione al contrario, avrebbe ricevuto una energia soprannaturale benefica, necessaria al raggiungimento di prosperità e ricchezza.
Gli effetti salvifici ricevuti dal talismano avrebbero preservato il possessore da pericoli e malattie causati da forze ostili. In virtù della potenza sprigionata, le streghe lo avevano nascosto in un luogo segreto, il cui percorso era stato descritto in un libro sacro, andato perduto. Il bambino avrebbe ricordato questa rivelazione per il resto della sua vita.
Quel bambino, oramai anziano, una volta in pensione, si era messo all'affannosa ricerca del libro, se mai fosse esistito, ma per ora brancolava ancora nell'oscuro alone di mistero che lo circondava.
Quel pomeriggio, malgrado l'afa e la spossatezza che ormai non lo abbandonava più, il professore uscì di casa fumando il suo sigaro. Celermente si diresse verso la macchina, una 1100 nero pece.
La giornata era assolata, il caldo di agosto intollerabile tanto che la vettura internamente sembrava un forno elettrico.
Appena aprì lo sportello fu investito in volto da un alito rovente.
Nonostante ciò, Palmieri abbassò il finestrino dal lato del guidatore e, senza aspettare il ricircolo dell'aria, mise in moto il veicolo, dirigendosi verso la drogheria.
Giunto sul posto, scese mollemente dalla macchina, aiutandosi a tirarsi su con le braccia aggrappate allo sportello.
Si diresse verso il vicolo stretto dell'antico quartiere longobardo dove si trovava la drogheria.
L'ombra creata dalle case tutte addossate l'una all'altra gli permise di riprendersi leggermente, sebbene continuasse a sentire le gambe molto pesanti. Trovò la porta aperta ed entrò.
Fu investito da un odore unico nel suo genere, un frammisto di salumi, vaniglia e sapone. Una miscela strana, inspiegabilmente gradevole e familiare, che lo riportò a cinquant'anni prima.
Perso nei suoi ricordi tornò alla realtà solo all’arrivo della proprietaria. La donna gli andò incontro e, vistolo in affanno, lo invitò a sedersi. Era una donna di mezza età, dal viso lungo e affusolato, i capelli biondi raccolti in grosse trecce sul capo.
Un grosso neo marrone le sporgeva sulla guancia sinistra. Palmieri prese posto sull'unica sedia presso il bancone, trasse alcuni profondi respiri cercando di rassicurala.
La droghiera, nel vederlo ancora spossato, lo invitò a bere una bevanda refrigerante. Sul momento il professore rifiutò cortesemente ma, data l’insistenza della sua interlocutrice, cedette alla proposta.
La droghiera si diresse nel retrobottega, tornando dopo alcuni minuti con un bicchiere stretto tra le mani, ricolmo di un liquido giallastro. Il professore bevve lentamente, in silenzio, apprezzandone il gusto a lui nuovo e compiacendosi del persistente refrigerio che lasciava dopo ogni sorso. Finita la bevanda la ringraziò, spiegando che non aveva mai bevuto una simile bibita. Le chiese cosa fosse. Una tisana a base di erbe, antica ricetta tramandata da una zia rispose la donna. Ottima davvero, mi sento proprio molto meglio! Bene, dunque riprese la droghiera cosa le serve? In realtà non sono qui per comprare. A quelle parole, il viso della donna si ricoprì di un’espressione di sorpresa. Per cosa è venuto, allora?
Vorrei chiederle informazioni su una signora che aveva questa drogheria circa cinquant’anni fa… Ah… rispose garbatamente la donna, celando un certo fastidio e perché?
Sono un professore di storia in pensione, appassionato di antiche leggende, quando ero piccolo spesso mi fermavo in questa bottega all'uscita di scuola ad ascoltarle. Mi colpivano molto. Ora ho più tempo libero e vorrei raccoglierle in un libro.
Detto questo, il volto della commerciante si illuminò di gioia.
La droghiera fece un sorriso e rispose piacevolmente: La persona di cui parla era mia zia, si chiamava Artemisia Petruzziello. Purtroppo è scomparsa trent'anni fa in circostanze mai del tutto chiarite.
I miei genitori ne denunciarono la scomparsa ma, dopo mesi di ricerca, la polizia terminò le indagini, senza avere ritrovato neanche un indizio su di lei. Il caso fu archiviato come morte presunta. Io ho ereditato questa drogheria. Mi dica, cosa vuole sapere?
Palmieri, non immaginandosi una dipartita così truce della vecchia proprietaria, proseguì: Mi dispiace molto per la triste vicenda di sua zia.
Anche se non la conoscevo bene mi sentivo molto affezionato a lei. Tra le tante storie che raccontava mi interessò particolarmente quella che parlava di un libro di incantesimi di cui però nessuno aveva notizie certe. Lei diceva di sapere dove fosse celata l’unica copia esistente e solo al bambino più giudizioso avrebbe svelato il segreto del suo nascondiglio.
Ehm… mia zia raccontava anche a me tante storie, ma di questo libro... Ne ho un vago ricordo. Però io non ne ho mai avuto possesso. Né evidentemente sono stata così giudiziosa da meritare la rivelazione del suo nascondiglio. Ma perché non prova alla biblioteca comunale? Li potranno esserle d'aiuto. Mi faccia sapere se trova qualcosa. Il ricordo che ha di mia zia mi ha commosso. Cercherò di aiutarla, se ne ha bisogno.
Rinfrancato da quella risposta il professore si congedò: Va bene, grazie del suggerimento, mi permetta di lasciarle il mio numero di telefono nel caso le tornasse in mente qualcosa! Certo, nel caso chiamerò rispose la donna.
Palmieri riprese i suoi passi in direzione della macchina e, volgendosi nuovamente indietro, vide la droghiera sull'uscio del negozio che lo osservava, senza capire dal suo sguardo se fosse per curiosità o sospetto.
Messa in moto la macchina si diresse verso la Biblioteca comunale, con la speranza di poter trovare lì qualche indizio. Il signor Bruno, il bibliotecario, lo accolse con la consueta cordialità, ormai conosceva bene le abitudini del professore. Professore, che piacere vederla, come va? disse stringendogli la mano. E lui di rimando: Caro Bruno, mi sento avvilito, sono alla ricerca di un libro che sembra essere introvabile. Prima ho chiesto a un mio amico libraio, Giovanni. Lui possiede tutti i testi di miti e leggende medievali, anche quelli fuori catalogo. Eppure mi ha detto di non conoscerlo. Poi mi sono recato all'Università di Napoli, nell'archivio storico dei libri di società e cultura medievale, ma lì non lo avevano.
Ho girato tutte le bancarelle della città. Oggi sono andato perfino in una drogheria, dove tanti anni fa sentii parlare di questo libro, ma non ho trovato nulla. Mi do un’ultima possibilità in questa biblioteca. Di che libro si tratta? chiese Bruno incuriosito. Se vuole posso darle una mano a cercarlo. Il testo si intitola De magicis artibus et veneficiis parla di stregoneria, di antiche leggende nostrane che si tramandano di generazione in generazione. Sarei curioso di attingere materiale per il mio libro. Non si conosce di preciso l'autore.
Sembra sia stato elaborato a più mani, anche se qualche storico che ho consultato a Napoli sospetta che il libro non sia mai stato realmente scritto. Tuttavia, io non ne sono così convinto o, comunque, voglio ancora dubitare. In verità neanche io ne ho mai sentito parlare. Dubito che possa trovarlo qui. Comunque provi a cercare nello schedario.
Così dicendo, il bibliotecario lo accompagnò verso il mobile che conteneva le schede di ogni libro, in ordine alfabetico.
Ringraziatolo, il professore si accinse ad aprire un cassetto. Anche in questo caso, però, la ricerca fu vana. Il bibliotecario si congedò visibilmente mortificato mentre il professore, preso dallo sconforto, si sedette a un tavolo a rimuginare.
Di quel libro non vi era traccia. Forse è stato catalogato in un altro settore pensò, ma solo l'idea di controllare le migliaia di libri che la biblioteca conteneva lo distolse momentaneamente dal proposito.
Alla fine, però, decise di provarci, rinfrancato dagli effetti corroboranti della fresca tisana precedentemente bevuta.
Caparbiamente, riprese la sua indagine in tutte le altre sale dell'edifico, fin quando il calore e l’ora tarda lo sfinirono, facendolo nuovamente desistere dai suoi propositi. Si era rassegnato.
Stava riguadagnando l'uscita quando ebbe un improvviso colpo d'occhio.
Infatti, si accorse di una stampa attaccata al muro, parzialmente coperta dalla tenda di un finestrone. Intuendone il disegno, si diresse verso la parete e sollevò il drappo polveroso. La sorpresa fu enorme.
Vide la litografia di un rito stregonesco che si stava svolgendo in aperta campagna.
Vicino a un tavolone, insieme a numerosi oggetti degni dell'esoterismo più bizzarro e diversi cartigli, era rappresentato un grosso guerriero con in mano un faldone rilegato di rosso.
Sulla copertina si leggeva a chiare lettere De magicis artibus et veneficiis. Finalmente urlò sono riuscito a trovarlo!
La forte esclamazione richiamò il bibliotecario che corse sollecito dal professore. Il dito tremante di costui indicava la parete della stanza dove era appesa la stampa. Ha visto Bruno? Con un po' di fortuna sono riuscito a trovarlo. Veramente, più che trovarlo, ho almeno una prova della sua esistenza. Il bibliotecario non riusciva a capire ma, seguendo la direzione indicata dal dito del professore, osservò con attenzione la litografia guardata da lui infinite volte.
Stranamente stizzito, celò il suo fastidio: Mi fa piacere professore. Ha avuto proprio un colpo di fortuna. Mi tolga una curiosità: Perché così tanta premura?
In fondo è sempre un libro di leggende, lei è abituato a studi di tutt’altro spessore. Il fatto poi che sia rappresentato in una stravagante litografia, non significa che esista sul serio. Ha ragione mio caro amico, ma sa, con il caldo, ho proprio voglia di dedicarmi a letture più disimpegnate. E poi non è detto che ogni leggenda non nasconda un fondo di verità. E io, ricordando una leggenda raccontatami da bambino, cerco disperatamente quel libro perché sono convinto che sia contenuta in esso. Se è un libro di narrazioni magiche, sicuramente troverò quel racconto che stranamente, ora che sono quasi alla fine della vita, mi risuona spesso nelle orecchie e mi riporta alla mia infanzia.
Ogni tanto provo delle sensazioni nostalgiche e inspiegabili. E sono determinato a cercare il libro per placare una inquietudine, quasi una frenesia, che ho dentro di me. E allora che pensa di fare ora?
Beh, cercherò l'autore della stampa e partirò da lì.
Ottimo rispose il bibliotecario staccando la cornice dal muro per esaminare meglio la stampa, cercando i riferimenti sperati. I due la analizzarono, ma i bordi, coperti dalla cornice, non facevano trapelare alcun nome. Bisogna aprire la cornice! disse perentorio il professore. Bruno esitò, ma il professore, togliendogli con una certa prepotenza la cornice dalle mani, aggiunse: Me ne assumo io la responsabilità. Sbattendola sul tavolo ne ruppe il vetro.
Con cura allontanò gli ultimi frammenti e, finalmente, poté sollevare il sottile e fragile foglio per esaminarlo a fondo.
Lesse ciò che era scritto sul bordo del disegno e scosse la testa in segno di assenso. Mise la stampa sotto il braccio e si rivolse a Bruno: Gliela consegnerò al massimo tra due giorni, non si preoccupi. Il bibliotecario rimase perplesso e non rispose.
Fu sorpreso dal sorriso soddisfatto con cui il professore lo salutò dirigendosi verso l'uscita, senza ricevere il suo assenso. Ma l'uomo sembrava in preda a una incontrollabile eccitazione, così il bibliotecario lasciò correre.
In fondo, pensava, quella traccia non lo avrebbe condotto a nulla.
Il sole volgeva al tramonto, l’aria era avvolta da un piacevole tepore serale. Le strade, dopo l’afa pomeridiana, si stavano ripopolando, i negozi erano ancora in piena attività.
Sguardi di mamme rincorrevano i propri bambini, visi assorti di turisti apprezzavano le bellezze della città, voci di gelatai invitavano i presenti a rinfrescarsi presso i propri bar. Ma due occhi furtivi che non avevano nulla a che fare con quella ordinaria giornata estiva, stavano scrutando il professore, appena uscito dalla biblioteca.
Lo seguirono fin quando entrò in macchina e mise in moto. Svoltato l’angolo, il veicolo non fu più a portata di vista.
Il professore Palmieri si ritrovò con gli amici più intimi a chiacchierare nel salone della sua casa in collina, appena fuori città.
Era sera, una bella sera illuminata dalla luce della luna. Sia lui che gli ospiti erano seduti su un comodo divano collocato in un’ampia sala ben arredata e illuminata.
Sulle pareti erano appesi alcuni quadri dipinti da un caro amico del Palmieri.
Raffiguravano nature morte, streghe, paesaggi rurali che riprendevano impianti scenici botticelliani.
Un caminetto rustico troneggiava al centro della stanza. Erano lì a discutere l'avvocato Rodolfo Vincente, amico di infanzia e compagno di studi del professore, e l'architetto Franco Palombi, suo collega di scuola. Tutti coetanei.
Ben portati gli anni dal Palmieri, fisico asciutto e longilineo, più trascurati i suoi amici, la cui vita sedentaria ne aveva caratterizzato l'aspetto pingue.
Il professore, rivolgendosi all'avvocato, stava raccontando l’esito favorevole delle sue ricerche. Caro Rodolfo, dopo mille peripezie sono riuscito a recuperare un indizio del libro, indicando la sua rappresentazione sulla stampa. Complimenti, la tua testardaggine ha dato i suoi frutti, rispose l'amico
Palmieri aggiunse: Secondo alcune testimonianze, nel libro sarebbe raccontata la storia di un talismano forgiato con il sangue e con l’oro delle streghe. Esse lo avrebbero preservato da occhi e mani indiscrete in un posto sconosciuto a chiunque altro, dato il suo particolare potere magico. E tu ci credi davvero a questa stupida leggenda? domandò Palombi ironico. Mi fa specie che un uomo della tua cultura possa dar credito a tali stupide dicerie. Ho trascorso parecchi mesi alla ricerca del libro e ora che ho trovato un minimo indizio voglio andare avanti con l’indagine. Questo testo sembra sia svanito nel nulla. Qualche testimonianza lo ha giudicato un libro coinvolgente, ricco di misteri inaccessibili.
Caro Ettore, intervenne l’avvocato Vincente, ammesso pure che tu trovi questo feticcio, se non lo ha già fatto qualcun altro, cosa ti aspetti? Fortuna? Fama? Ricchezze?
Abbiamo già vissuto le nostre vite. Io ti consiglio di non sprecare le tue energie in questioni che potrebbero rivelarsi vane o addirittura pericolose, lascia che ci pensi qualcuno più giovane!
Ti sbagli, mio caro amico: Studia adulescentiam alunt, senectutem oblectant! La sua ricerca sarà uno piacevole diversivo. Ciò che troverò sarà dato alle stampe.
Purtroppo stasera non ho potuto contattare Giovanni Luongo perché fuori sede, ma domattina stesso andrò da lui.
Sei il solito romantico incosciente si intromise Palombi, tagliando corto e aggiungendo, comunque si è fatto tardi, forse è meglio che per stasera ci diamo un taglio. Per quanto mi riguarda ho di meglio da fare che mettermi alla ricerca di banale chincaglieria, ammesso che esista.
Ti posso solo augurare in bocca al lupo. Così dicendo si alzò dal divano per congedarsi. Vincente fece altrettanto. Caro Ettore, ti saluto. Domani ne riparleremo. Buonanotte.
Buonanotte anche a voi, rispose il professore dopo averli accompagnati alla porta. Rimasto solo andò verso lo studio, prese la cornetta del telefono e compose un numero. Ciao Claudio, scusa l’ora, ma ti aspettavo stasera per un digestivo con Giulio e Rodolfo. Ci tenevo ad aggiornarti sul libro di cui abbiamo parlato l'altra sera. Sì, hai ragione, ma subito dopo cena mi hanno richiamato in questura con urgenza per un brutto fattaccio. Così preso dagli adempimenti mi è passato di testa il pensiero di avvisarti per comunicarti che non sarei più venuto. Di cosa parli? domandò Palmieri incuriosito. Beh… hanno ritrovato un cadavere…
Subito il professore lo interruppe: Davvero? E dove?
L'altro rispose: Appena fuori città, in piena campagna. È stato rinvenuto da una pattuglia che passava per caso.
Palmieri incalzò: E... di chi è?
Ancora non si sa, è certamente di una donna di mezza età, ma ha il volto sfigurato e non ha documenti... domattina forse qualcuno denuncerà la sua scomparsa. Dimmi, volevi qualcosa? Mio Dio, che brutta situazione! Certo, con il tuo lavoro di commissario ne vedi di tutti i generi... Comunque nulla di importante, volevo solo dirti che ho trovato qualche indizio sul libro.
L'ho trovato rappresentato su una litografia affissa nella biblioteca comunale. Così, spinto dalla curiosità, ho rotto la cornice nella quale era esposta e ho letto il nome dell’autore. Si chiama Oberdan Principe.
Comunque, non è il caso di parlarne ora, verrò domani in questura per la pausa pranzo.
Mi fa piacere per te rispose il commissario ma dalla sua voce si evidenziava un certo scetticismo. Comunque ne riparliamo domani, buonanotte.
Buonanotte.
Il professore, quella sera, si addormentò sereno come un neonato appena nutrito. Nel sonno ebbe una visione. Si trovava solo in una stanza, circondato da migliaia di libri riposti su una libreria a parete.
Gli scaffali erano ricurvi su di lui a mo' di cupola. Spaesato, cercava una via d'uscita, quando, davanti a lui, improvvisamente, si materializzò un guerriero coperto da un elmo, con indosso una corazza bronzea.
Quell'essere, rappresentazione vivente della litografia, gli consegnò un amuleto e lui, dopo avere letto la frase incisa su di esso, fu pervaso da una forza inspiegabile.
Si sollevò dal pavimento e man mano che prese quota i libri si aprirono sopra la sua testa come una tenda.
Si ritrovò a volteggiare in cielo, sospeso tra le nuvole. Sentiva le pulsazioni del cuore battere in modo accelerato, mentre una sensazione di benessere si diffondeva in tutto il corpo.
Sotto di lui vedeva distese immense, un paesaggio che stentava a riconoscere.
Fin quando riconobbe la sua casa.
Si proiettò verso l'abitazione, acquistando velocità man mano che scendeva di quota. Improvvisamente non riuscì più a controllare il suo corpo. Il paesaggio sotto di lui si fece sempre più vicino.
L'aria sbatteva così forte in faccia da costringerlo a chiudere gli occhi.
Iniziò a roteare su se stesso mentre precipitava.
L'impatto con il suolo lo fece risvegliare trafelato. Madido di sudore osservò la sveglia. Erano le sei di mattina. Quel sogno così reale lo aveva spaventato.
Forse era una premonizione o un semplice incubo, ma qualunque cosa fosse stata non gli fece più riprendere sonno. Così andò in cucina e si preparò un caffè.
Fissando la finestra del salone assistette all’intensificarsi del chiarore determinato dai raggi del sole che già a quell'ora annunziavano prepotentemente di volere far sentire il loro effetto sugli uomini. Uscì presto di casa ancora stordito dalla notte insonne.
Si recò dall'amico libraio Giovanni Luongo. Dopo i convenevoli saluti il professore esordì: Caro Giovanni, volevo farti una domanda. Ti ricordi quando ti parlai di quella storia, raccontata in un libro di leggende, forse andato perduto o mai esistito?
Certamente, rispose l'amico ma io ti dissi di non esserne a conoscenza. Bene, allora ti aggiorno. Quel libro è stato raffigurato in una litografia ritrovata da me per caso nella biblioteca comunale.
Così dicendo, prese la stampa da una cartellina e la porse all’amico, indicandogli il nome dell'autore. Non crederai alle mie parole, stanotte ho sognato il guerriero qui rappresentato. Nel sonno mi ha donato un talismano e, quando l'ho avuto tra le mani, mi sono sentito un'altra persona.
Ho iniziato a volare, sprigionando un’energia inspiegabile. Forse la visione di stanotte avrà avuto un significato preciso.
Giovanni guardò attentamente il disegno e disse: Caro Ettore questa storia non ti sta dando pace. Il talismano te lo sogni anche la notte. Comunque, io non conosco personalmente l’autore della raffigurazione, ma so di certo che collaborava con due editori.
Uno si chiama Ripoli, è ancora in attività, per cui se fosse lui lo stampatore, avresti già trovato il libro in forma di ristampa.
L'altra casa editrice apparteneva alla famiglia Nacci, e non è più presente sul mercato dopo la morte improvvisa del titolare, senza eredi noti. Il professore restò perplesso. Quindi tu mi stai dicendo che non posso rintracciare nessuno?
Ormai sono passati molti anni, so che con i fondi esistenti e quelli ricavati dalla vendita della tipografia, furono liquidati tutti gli impiegati. Oggi trovare alcune pubblicazioni dei Nacci è davvero difficile, a distanza di tanti anni e dopo ben due guerre. Quindi mi trovo in un vicolo cieco? disse sfiduciato Palmieri. Non saprei...
Qualora i Nacci si fossero rivolti a un notaio per redigere un testamento pubblico, bisognerebbe rintracciarlo e domandargli se fu nominato un esecutore testamentario. Potrebbe dirci a chi sono andati in eredità i beni della famiglia.
Palmieri approvò con un cenno del capo tale possibilità. Il libraio vedendolo deciso chiese: Ma non hai pensato che questo libro possa essere frutto della fantasia del suo disegnatore? Che magari ne aveva solo sentito parlare? Un po' come è capitato a te.
In verità qualcosa mi spinge a credere che il disegnatore lo abbia avuto tra le mani, per questo avevo pensato di rintracciarlo per avere qualche altra informazione. Ma da come mi dici non sarà possibile…
In ogni caso ritienimi a disposizione se dovessi trovare qualcos’altro. Certamente!
Palmieri salutò il libraio, e si diresse in questura, per l'appuntamento con l'amico commissario.
All'arrivo, la segretaria gli comunicò la sua assenza per una incombenza, rassicurandolo che sarebbe tornato a breve. Lo fece accomodare nello studio.
La targhetta dorata affissa sopra la porta era abbastanza grande da poterne leggere la scritta: Dott. Claudio Tranquilli, commissario. Al lato erano disegnati due alamari.
Palmieri si meravigliò dell'assenza dell'amico, in genere era sempre puntuale, dal momento che lui stesso detestava i ritardi degli altri.
Attese più di un'ora fin quando spazientito stava per andarsene, poi sentì la porta aprirsi. Era Tranquilli, visibilmente scosso. Si scusò con l'amico per il ritardo.
L'altro stemperò la tensione sorridendo e, senza perdere altro tempo, gli porse la litografia che aveva tra le mani. L'autore di questa stampa non è conosciuto, sembra però che abbia collaborato con la casa editrice Nacci, oramai fallita. Vorrei che tu mi dessi una mano a rintracciare il notaio che ha gestito la sua eredità.
Il commissario osservò la stampa con grande attenzione, la tenne tra le mani come a soppesarla poi gliela rese. E perché mai, cosa avrebbe di così importante questo libro? E che relazione c’è con la stampa?
Il libro è rappresentato su questo disegno disse indicandolo ed è una prova della sua esistenza. Nelle sue pagine sono raccontati segreti impronunciabili.
Mah... se volessimo credere a ogni fantasticheria al punto da aprire un indagine non ci basterebbe nemmeno decuplicare il personale...
Ascoltami lo riprese il professore io non sono un visionario. Ci conosciamo da molti anni, e sai che ho coltivato sempre la passione per la ricerca storica circa le origini delle leggende locali. Ora però è diverso.
Non ho mai trovato ostacoli nelle mie ricerche, ma questa volta mi sono accanito proprio perché mi sembra una cosa irraggiungibile. A me le sfide piacciono. Ho avuto tante percezioni che mi spingono ad andare avanti. Sento di stare sulla strada giusta.
Mentre il professore gli confidava il sogno della notte precedente, bussarono alla porta. Avanti! ingiunse il commissario e un agente entrò mettendosi sull'attenti. Le porto le fotografie scattate ieri sera. Grazie, dammele pure. Il poliziotto gli si avvicinò e gli porse una busta. Il commissario lo congedò. Uscito l'agente, rimase in silenzio qualche istante poi aprì la busta e diede una rapida occhiata alle foto.
Il professore riprese: Ti lascio ai tuoi impegni. Tranquilli non parve ascoltarlo. Una goccia di sudore scese giù per il viso. E' orribile disse sommessamente. Si alzò dirigendosi verso il bagno per sciacquarsi il viso stravolto. Lasciò la busta sulla scrivania.
Palmieri, rimasto temporaneamente solo, istintivamente vide quelle foto, lasciate incautamente scoperte sulla scrivania.
Nel vederle, il professore sbiancò e poggiò le mani sulla scrivania per non cadere. Il commissario fece appena in tempo ad uscire dal bagno che balzò in avanti per sostenerlo. Quelle... quelle foto... farfugliò il professore indicandole. Il commissario le guardò e rimettendole nella busta disse mortificato: Scusa, non l’ho coperta bene, hai ragione, è un bel po' forte... purtroppo non sappiamo ancora chi è, dobbiamo ancora identificarla. No... no... non mi ha fatto impressione... è... che io la conosco. Cosa? Che dici?
Sì... sì... io so chi è! disse visibilmente scosso, tremando come una foglia. Siediti, calmati.
Il commissario lo aiutò a sedersi e gli prese un bicchiere d'acqua. Il professore la bevve tutta d’un fiato mentre fissava il vuoto. Ettore, Ettore, ma come è possibile?
Palmieri, pian piano si riebbe e raccontò all’amico della passeggiata pomeridiana alla drogheria. Affermò senza ombra di dubbio, di riconoscerne in quelle foto la proprietaria. Aveva indosso gli stessi abiti e le stesse scarpe. E, soprattutto, quel neo sulla guancia sfigurata era un ulteriore elemento di certezza. Non vorrei che tutto questo abbia a che fare con le mie ricerche, insinuò preoccupato. Il commissario, ascoltato il racconto dell'amico, prese il telefono e ordinò a una pattuglia di andare a controllare il negozio. Ettore, sta’ tranquillo, sei stanco e facilmente suggestionabile. Aspetta qui. Tra poco ci diranno che il negozio è aperto e la proprietaria è viva e vegeta. Cercò di tranquillizzarlo. No, no... si strinse la testa fra le mani, io... io ne sono responsabile... rispose sfiduciato. Ma cosa vai blaterando! lo rimproverò l'amico commissario, capisco il tuo dispiacere ma cerca di restare con i piedi per terra. Cerca di vedere la realtà da un punto di vista concreto.
Non passarono neanche dieci minuti che squillò il telefono. Dopo aver parlato il commissario riagganciò la cornetta e, scuro in volto, rimase qualche istante in silenzio. Allora? chiese il professore.
Il negozio è chiuso e nel retrobottega non c’è nessuno. I vicini non sanno cosa sia successo, ma dicono che è strano perché la proprietaria non lascia mai chiuso senza avvisare... Ma cosa sta succedendo?
Adesso allora devi credermi! Io riconduco tutto alle mie ricerche. Chi avrebbe mai potuto far del male a quella povera donna? Anche sua zia, trent’anni prima, ha fatto una fine misteriosa. Me lo ha raccontato lei stessa. Si chiamava Artemisia Petruzziello. Questo libro non solo nasconde qualcosa di misterioso, ma, a questo punto, anche qualcosa di molto pericoloso. Dovrai aiutarmi! Aspetta, aspetta! Cosa? Aiutarti?
Il professore era visibilmente agitato e parlava con frasi inconcludenti. L’unica cosa sensata che si percepiva dalle parole era il suo convincimento a proseguire le ricerche.
Il commissario preoccupato gridò: Ora basta, Ettore! Se quello che dici è vero, non sarà compito tuo cercare il libro, ma della polizia!
Queste parole scossero il professore come un forte schiaffo in faccia. Ripresosi disse calmo: Hai ragione... non... non so cosa mi abbia preso…
Ecco, calmati! Ti aiuterò a ritrovare il libro. Ma basta suggestioni. Sono solo coincidenze. Noi non sappiamo nulla di questa donna rinvenuta morta. Ora però hai bisogno di riposare e riprenderti dallo shock. Ti farò riaccompagnare a casa, verrò da te in serata e, ti prego, non prendere iniziative personali. Intesi?
Il professore aveva profonda fiducia nell'antico amico e massimo rispetto della sua provata capacità di gestire situazioni critiche.
Tranquilli lo aveva aiutato molto dopo la scomparsa della moglie Maria. Era stato l'ultimo a perdere la speranza di ritrovarla. Maria, una mattina, era uscita di casa senza dirgli nulla. Non aveva fatto più ritorno.
Svanita nel nulla senza lasciare né tracce né testimoni. La polizia aveva brancolato a lungo nel buio, sebbene avesse istituito una unità speciale di ricerca.
A Tranquilli, allora promettente poliziotto, era stato dato il comando delle operazioni.
La notizia aveva suscitato uno scalpore immenso in città, da sempre abituata a crimini di poco conto. Non si parlava che della scomparsa della moglie del professore.
Tante congetture anche teorie di natura fedifraga erano state avanzate, ma subito dissipate per il buon nome della signora Palmieri. Solo quando tutte le ipotesi furono vagliate, ogni angolo della città perquisito, i pochi indiziati interrogati, il fascicolo finì nell'oblio di un archivio. Va bene, riposerò e aspetterò che tu mi raggiunga, rispose il professore scoraggiato. Il commissario uscì dalla stanza e rientrò con un suo collaboratore. Questo è il sovrintendente Lepore, il mio agente più fidato. Ti riaccompagnerà a casa.
Il sovrintendente Lepore era un uomo esile, dai modi miti e sbrigativi.
Dopo i dovuti convenevoli, invitò il professore a seguirlo. Sulla porta, prima di mettere anche l’altro piede nel corridoio, Palmieri rivolse un ultimo sguardo all’amico: Aspettami senza fare nulla! tagliò corto il commissario.
(fine prima parte)
comunicato n.172743
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