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Benevento, 18-08-2025 09:50 ____
Rubinetti a secco. L'ira dei cittadini ma e' un problema di insufficienza delle fonti idriche o soprattutto di inefficienza delle reti idrauliche?
Le risorse idriche sono non ben governate, i bisogni non soddisfatti, i rischi idrogeologici non del tutto evitati. Tuttavia il Sannio e' un territorio storicamente ricco di acque che gia' nei secoli scorsi ha tentato in vario modo di governare ed utilizzare, sebbene non sempre con successo
di Roberto Costanzo
  

E' indubbiamente giustificata la protesta dei cittadini per i rubinetti che restano a secco, forse ancor più per l'aumento del prezzo delle bollette ma va pure detto che non dovremmo preoccuparcene solo nella stagione estiva.
Tuttavia, sembrano fuori tempo alcuni proclami propagandistici di esponenti politici locali e quindi fuori luogo gli annunci del leader governativo di turno, che viene a riprometterci il finanziamento della potabilizzazione dell'acqua dell'invaso di Campolattaro.
E' solo un problema d'insufficienza delle fonti idriche o soprattutto di inefficienza delle reti idrauliche (nella foto acqua sprecata alla Pacevecchia)?
Le risorse idriche sono non ben governate, i bisogni non soddisfatti, i rischi idrogeologici non del tutto evitati.
Tuttavia, il Sannio è un territorio storicamente ricco di acque che già nei secoli scorsi ha tentato in vario modo di governare ed utilizzare, sebbene non sempre con successo.
Spesso abbiamo pagato amaramente per i dissesti, le inondazioni e le alluvioni di vaste dimensioni con luttuose conseguenze.
Non mi riferisco soltanto alla disastrosa alluvione del fiume Calore sulla parte bassa della città nel mese di ottobre del 1949, né al massiccio sciopero generale guidato dal sindaco Lucio Facchiano nei primi anni Settanta contro la deviazione del fiume Calore.
Le tragedie e le proteste nella seconda metà del secolo scorso servirono almeno ad avviare la progettazione definitiva della diga sul fiume Tammaro, a Campolattaro, che con la sua costruzione ha attutito, ma non del tutto frenato, i dissesti ed i disagi idrogeologici. L'acqua, in molti casi, può anche danneggiarci.
Da una parte una risorsa alimentare fondamentale, che dall'altra può diventare un movimento tragicamente devastante se non viene ben governata.
Giustamente vorremmo disporne nella giusta dimensione e per tutte le stagioni dell'anno.
In qualche misura, l'acqua che potrebbe danneggiarci siamo riusciti a fermarla ma tuttavia non sempre e non in ogni area; mentre l'acqua che soddisfa i nostri bisogni civili e produttivi spesso non riusciamo a governarla: ce l'abbiamo ma non sappiamo raccoglierla, né distribuirla e né ben utilizzarla.
E' questo il problema che da circa ottant'anni si cerca di impostare.
L'acqua c'è a sufficienza, non solo nei fiumi Tammaro, Calore, Sabato, eccetera, ma anche nelle sorgenti appenniniche a nord, ad est, a sud ed a ovest della città capoluogo: acqua di sorgente ed anche di pozzi di notevole consistenza.
Non dimentichiamo che uno dei principali acquedotti dell'epoca borbonica nasce nei monti del Taburno, il cosiddetto "Acquedotto Carolino" (bene Unesco ndr), progettato nel XVIII secolo da Luigi Vanvitelli, per alimentare la Reggia di Caserta, da non confondersi con l'Acquedotto "Carolingio", realizzato oltre un millennio fa, all'epoca longobarda, sotto l'influenza dell'impero carolingio, sempre nei monti del Taburno, per alimentare la città di Benevento.
Dai nostri monti parte ancora oggi l'acqua destinata anche ad altre aree della Campania.
Quindi il Sannio potrebbe ancora disporre di molta acqua propria naturalmente potabile, che dovrebbe evitarci di ricorrere alla potabilizzazione dell'acqua sporca raccolta nell’invaso.
Allora un po' tutti, anche i politici che preferiscono chiudersi nelle polemiche idraulistiche, speculando sul caro bollette e sui rubinetti a secco, dovremmo convincerci che l'acqua non ci manca e che, prima di ricorrere alla costosissima potabilizzazione artificiale di quella dell'invaso, dovremmo impegnarci in un piano di riparazione e ricostruzione di tutti i nostri acquedotti comunali.
Con i fondi del cosiddetto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) la prima grande opera doveva essere quella del rifacimento degli acquedotti, per evitare l'attuale dispersione del 60% dell’acqua potabile trasportata.
Sarebbe da chiederci infine: Ma ci sono amministratori locali, provinciali e regionali disposti a sedersi intorno ad un tavolo per programmare la riparazione e la ricostruzione della nostra rete idrica provinciale e comunale?
Per non disperdere il 60% dell'acqua potabile e quindi per evitare i rubinetti a secco dobbiamo cambiare musica e forse anche l'orchestra.

comunicato n.172653




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