Papa Benedetto XII e Papa Leone XIV. Non pochi sono i punti di contatto tra queste due personalita' cosi' distanti nel tempo
Affini le loro sensibilita', la verve ironica, l'amore alla Chiesa e l'attenzione ai poveri e agli ultimi. Lampade della misericordia di Dio nel buio della storia
di monsignor Pasquale Maria Mainolfi
Mentre, a seguito della dipartita di Papa Francesco, i 133 cardinali elettori sono entrati in Conclave per dare alla Chiesa di Roma un nuovo vescovo, il pensiero tesse fili sottili di analogia tra i dodici anni del pontificato bergogliano e i poco meno dei sei anni di papato di una figura cara a ogni sannita, Benedetto XIII Orsini (foto).
Al di là di sensibilità diverse, legate a contesti storici e socioculturali profondamente differenti, vero è che non pochi sono i punti di contatto tra queste due personalità così distanti nel tempo.
Affini le loro sensibilità, la verve ironica, l'amore alla Chiesa e l’attenzione ai poveri e agli ultimi.
Lampade della misericordia di Dio nel buio della storia, eppure inflessibili fustigatori di alcuni costumi dei ministri consacrati che non configuravano la loro esistenza al "mistero" che erano chiamati a celebrare.
Li avvicina anche la scelta di non abitare negli aulici appartamenti del Palazzo Apostolico, preferendo ben più modeste stanze, accontentandosi di pasti frugali, dando poco spazio alla propria persona, agendo in tutti i modi così che la fraternità tra gli uomini fosse davvero anticipo del Paradiso in terra.
Infine, tenerissimo l'amore sempre da entrambi manifestato alla Madre di Dio, particolarmente sotto il titolo di Salus Populi Romani.
In questo "gioco" di richiami tra un Papa di 300 anni fa e un Papa che ha appena concluso la sua corsa e che certamente ha ricevuto la corona dalle mani di Colui che ha servito in vita, tutt'altro che anacronistico ritornare con la mente al conclave del 1724, dal quale il successore dei vescovi Gennaro e Barbato esce Sommo Pontefice della Chiesa Universale.
La carrozza che porta il cardinale Vincenzo Maria Orsini a Roma per il conclave, resosi necessario per la morte di Innocenzo XIII, parte da Benevento il 20 marzo 1724.
Non è il primo viaggio che il nostro arcivescovo intraprende alla volta di Roma per un conclave. Ma questa trasferta lo vede ormai avanti negli anni, quasi 75enne.
Roma sembra lontana, in tutti i sensi. Una settimana il tempo impiegato dalla riva del Calore ai ponti sul Tevere.
Senza dubbio la vettura che attraversa le terre del Regno di Napoli verso il centro della cristianità è trasformata in una sorta di cappella.
In essa l'anziano cardinale alterna rosari a letture spirituali, magari annotando temi da mettere all'ordine del giorno nel prossimo sinodo.
Già, poiché l'arcivescovo Orsini non vede l'ora di tornare alla sua amata sposa: la Chiesa sannita. Ma l'uomo propone e il Cielo dispone!
All'arrivo a Roma, il 27 marzo, il primo pensiero è di recarsi all'antica basilica di Santa Maria Maggiore per venerare la Salus Populi Romani, la cui immagine ha fatto riprodurre in mosaico nella cattedrale beneventana e dipingere in tante pale d'altare dal favorito pittore Giuseppe Castellano.
Subito dopo il cardinale si reca alla tomba di San Filippo Neri, amato patrono. Qui celebra l'Eucarestia.
Quindi, raggiunge il vicino convento generalizio della Minerva dove presso i frati del suo Ordine trascorre la notte prima di entrare, l'indomani, in conclave.
Pare però che Orsini non abbia tanta urgenza di recarsi in Sistina.
Intanto. il 28 marzo torna a celebrare sulla tomba di Filippo Neri e, poi, quasi indugia nella basilica vaticana fermandosi in preghiera nella cappella del Santissimo, poi presso la tomba del principe degli Apostoli e presso la sepoltura di Innocenzo XIII, morto tre settimane prima.
Finalmente, salendo la Scala Regia, l'arcivescovo beneventano arriva alla Sala Regia, accolto dai confratelli cardinali che lo introducono in conclave.
Scelta sempre difficile quella del successore di Pietro.
In alcuni casi, lontani nel tempo, i cardinali avevano impiegato anni a trovare la persona giusta, tanto che, in una occasione, per sollecitare una votazione corale dei porporati si era arrivati a scoperchiare il tetto della sala dove gli elettori erano riuniti.
Tante le questioni che anche nel conclave del 1724 emergono preponderanti, forse sentite più cogenti delle ragioni spirituali.
Si contrappongono logiche di equilibri in una Chiesa dove lo strappo protestante è ancora ferita dolorosissima.
I nomi che emergono dei poco più che cinquanta cardinali presenti sono puntualmente bruciati come non eleggibili da una parte del consesso.
A metà maggio, dopo ormai due mesi di reclusione, si comincia a pensare a un "Papa di transizione", a una figura neutra politicamente, magari poco addentro alle questioni di governo, governo "temporale" da lasciare nelle mani dei plenipotenziari della Curia. Progressivamente la lente dei cardinali mette a fuoco la figura di questo smagrito porporato che aspira solo a poter celebrare liturgie e a occuparsi della lode di Dio.
Il 28 maggio il nome di Orsini appare sempre più frequentemente sulle schede degli elettori.
La cosa manda in crisi l'ignaro candidato, che annota nel suo diario che si sono "uniti i nostri Eminentissimi Fratelli a danno nostro, col volerci eleggere supremo Vicario di Gesù Cristo".
Orsini supplica i "saggi Elettori a porre l'occhio in più idoneo soggetto per sì importante elezione" aspirando egli a "menare gli ultimi giorni in santa quiete colla dilettissima sposa, la Chiesa Metropolitana di Benevento".
Preghiere inutili.
I cardinali prendono di peso il vecchio confratello e lo trascinano in Sistina "dove, implorato lo ajuto dello Spirito Santo coll'inno Veni Creator Spiritus, dispose la imperscrutabile Providenza, che tutte le schedule de' LIII pieni voti cadessero sopra il debole capo" dell'arcivescovo beneventano.
Inutili gli argomenti portati dall’eletto per sottrarsi al fardello della Chiesa universale che gli veniva scaricato di forza sulle spalle.
Alla fine il richiamo all'obbedienza fattogli dal generale dei Domenicani piega il capo di Orsini che, profondamente radicato nella storia della sua famiglia religiosa, sceglie un nome caro all'Ordine, quello di un altro papa dei Predicatori: Benedetto XI.
Si procede quindi al cambio degli abiti e l'ormai Benedetto XIII è "spogliato di quelle care lane, portate per tanti anni, e che pensava essere quelle indossate anche per la propria sepoltura".
Terminato il primo e il secondo dei tre omaggi di rito da parte dei cardinali, il nuovo Papa è condotto processionalmente in sedia gestatoria alla Basilica Vaticana.
Ma non è in sedia gestatoria che il nuovo pontefice vuole entrare nel santuario intitolato all'Apostolo del quale è divenuto successore.
Così dà ordine ai sediari di fermarsi davanti la soglia di San Pietro e sceso a terra si prostra in segno di umiltà ed entra a piedi in basilica, adorando il Sacramento nella cappella del Santissimo, prima di recarsi alla Confessione, non senza baciare il piede della statua bronzea di San Pietro.
Il nuovo ruolo non cancella l'amore per il suo Sannio, amata terra, della quale Orsini è stato pastore per trentotto anni, due mesi e undici giorni. Tutt’altro, poiché il papa (come già accaduto in un lontano Medioevo) decide di continuare a essere arcivescovo della Chiesa beneventana, impartendo alla stessa, dalla cattedra di Pietro, le primizie delle sue apostoliche benedizioni.
comunicato n.171029
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