Un Masterplan intercomunale potrebbe essere la cornice della "Citta' metropolitana del Sannio"?
Si tratta di uno strumento prodromico di un Piano Strutturale intercomunale, lasciando alle singole "municipalita'" l'onere successivo della stesura dei singoli spezzoni di Programma Operativo di Rigenerazione urbana? E' utopia? Potrebbe essere questa l'idea di una Citta' di Comuni? scrive Nicola Mucci, architetto
Redazione
Nicola Mucci, architetto, coredattore del Piano Urbanistico Comunale (Puc) di San Giorgio del Sannio e redattore del Puc di San Martino Sannita, interviene a proposito della Città Metropolitana del Sannio.
"L'architetto Carbone, nel suo recente articolo pubblicato da "Gazzetta", a proposito di Città Metropolitana del Sannio - scrive - ha posto una serie di questioni che meritano particolare attenzione.
Egli ci invita, giustamente, ad un cambio di paradigma dei modi d'intendere il governo del territorio locale facendo riferimento a due strumenti recentemente introdotti nella legislazione urbanistica regionale: Il Programma Operativo di Rigenerazione Urbana (comunale o intercomunale) e i Programmi Integrati di Valorizzazione per lo Sviluppo del Territorio, due strumenti diversi.
Il primo di natura urbanistico-edilizia, il secondo strumento di coesione territoriale.
Tutto, nel quadro di aggregazione di area vasta denominata "Città Metropolitana del Sannio", promosso dal Comune di Benevento e quindici Comuni confinanti o prossimi alla città capoluogo.
E' evidente che, nell'ottica dell'Area vasta, la definizione spaziale degli interventi non è solo all’interno del territorio urbano consolidato.
"Costruire nel costruito" senza consumare e impermeabilizzare altro suolo è oggi obiettivo primario della pianificazione.
Altrettanta attenzione, però, va posta, a mio parere, nel periurbano a corona del suolo densificato e infrastrutturato e di ciò che resta del cosiddetto territorio rurale aperto tra i Comuni aderenti al patto fondativo e quello della città capoluogo.
In quest'ottica, l'idea della Città policentrica ci porta a ridefinire la pianificazione verso operazioni di rammendo dei tessuti interstiziali, eliminandone per quanto possibile le criticità infrastrutturali (vedi Strada Statale 7 ad esempio) e attribuendo ad essi funzioni nuove e diversificate, non in contrasto con le preesistenze ambientali, paesaggistiche e archeologiche di cui il nostro territorio è ricco e in sintonia con la costruzione della Rete ecologica intercomunale.
Oggi, l'obiettivo della pianificazione dovrà essere quello di concentrare gli sforzi su alcune priorità che servono a spazializzare gli interventi, "mettere a terra" risorse pubbliche e private quando e qualora disponibili con "un'azione etica ben strutturata" e trasparente (Piano per accordi), evitando che queste localizzazioni diventino coriandoli sparsi sul territorio.
Creare, quindi, coerenze, complementarietà tra territori, risorse e finanziamenti, condizioni per essere pronti a programmi europei, nazionali e regionali, definendo spazialmente ambiti di Riqualificazione, Trasformazione e Tutela.
L'urbanistica del 900 aveva, invece, l'ambizione di fare tutto e per sempre.
Nei fatti, come dice Carlo Gasparrini: "Si finiva per non fare nulla o solo dell'ordinaria amministrazione", correndo appreso a infinite varianti.
Ciò implica una nuova visione della struttura stessa della pianificazione con "regole urbanistiche sempre di più legate ai risultati attesi, alla coerenza tra piani (sovraordinati e di settore, aggiungo) e alla flessibilità nell'offerta localizzativa..." nonché in linea coi compiti attribuiti al Piano strutturale e a quelli operativi.
Pongo un'altra questione, non secondaria, su cui un auspicabile Programma integrato di valorizzazione per lo sviluppo del territorio potrebbe dare risposte.
Necessari interventi di trasformazione di valenza sovracomunale possono creare esternalità (positive ma spesso anche negative) sui territori e sulle popolazioni interessate: il caso dell'Alta Velocità e Capacità e l'esempio a noi più vicino.
Da questo punto di vista, nell'ottica di pianificare l'area vasta, credo che grande attenzione debba essere rivolta alla definizione di uno strumento di perequazione territoriale, finalizzato a ridistribuire e compensare i vantaggi e gli oneri sia di natura territoriale che ambientale derivanti dalle scelte effettuate con la formalizzazione di accordi tra gli enti locali interessati.
La perequazione territoriale, infatti, va intesa come modalità attuativa di previsioni e politiche o progetti di livello sovracomunale promossi anche dagli stessi comuni, garantendo un'equa ripartizione dei benefici e dei costi derivanti dalle scelte operate, realizzata anche attraverso la definizione di strumenti economico-finanziari e gestionali concordati dagli enti coinvolti.
Si tratta, quindi, anche in questo caso di un nuovo "paradigma" che vede l'idea della Città policentrica come obiettivo da perseguire per favorire sia processi di "solidarietà e contrasto alle diseguaglianze" che per "ricomporre uno spirito di comunità" nel territorio interessato.
Per cui mi chiedo: Se mettiamo insieme questo nuovo quadro anche e soprattutto in previsione della ridefinizione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp), potrebbe essere un Masterplan intercomunale la sua cornice?
Uno strumento prodromico di un Piano Strutturale intercomunale, lasciando alle singole "municipalità" l'onere successivo della stesura dei singoli spezzoni di Programma Operativo di Rigenerazione urbana?
E' utopia? Potrebbe essere questa l'idea di una Città di Comuni?"
comunicato n.170394
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