Ogni volta che si parla di perdono, pare che nella catechesi contemporanea venga talvolta sottaciuto un elemento fondamentale: Il pentimento
Occorre il riconoscimento sincero del male compiuto, la contrizione interiore, il desiderio autentico di conversione e' il commento di Nicoletta Cocco, direttore di insalutenews.it, alle parole dell'arcivescovo Accrocca alla Messa Crismale
Redazione
Il commento di Nicoletta Cocco (foto), direttore di insalutenews.it, alle parole dell'arcivescovo, monsignor Felice Accrocca, alla Messa Crismale.
"Caro direttore - si legge - con profonda stima per le parole e l'insegnamento di monsignor Accrocca, il quale, nel suo recente commento evangelico, ci ha guidati con la consueta lucidità nella comprensione di un Dio che si "vendica" amando, vorrei aggiungere una riflessione, forse complementare, forse interrogativa, ma certamente animata da spirito cristiano e desiderio di verità.
Sì, è giusto perdonare. Il Vangelo ce lo comanda, e Gesù stesso, piegandosi a lavare i piedi dei suoi discepoli, ha compiuto un gesto che Sant'Agostino interpretò come esortazione al perdono reciproco.
Tuttavia, ogni volta che si parla di perdono, pare che nella catechesi contemporanea venga talvolta sottaciuto un elemento fondamentale: Il pentimento.
Il riconoscimento sincero del male compiuto, la contrizione interiore, il desiderio autentico di conversione.
Non si perdona a cuor leggero, non perché il perdono debba tardare, ma perché esso non è una grazia irriflessa. Non è un atto automatico né una semplice superiorità morale.
E' una risposta libera a una disponibilità del cuore che, idealmente, dovrebbe esprimersi anche nell'altro.
Altrimenti, rischia di essere travisato in indulgenza passiva o, peggio, in complicità con l'ingiustizia.
Anche il sacramento della Riconciliazione, che è il più alto atto di misericordia divina, non prescinde dalla confessione, dall'accusa dei peccati, dal proponimento di non peccare più.
Come potrebbe, del resto, un amore vero non desiderare che il male venga redento, non coperto?
Monsignor Accrocca si interroga, giustamente, sul successo culturale della vendetta romanzesca del Conte di Montecristo, rispetto al perdono dei Promessi Sposi.
Ma forse questo divario non va solo imputato a un'inquietante attrazione per l'odio.
Forse ci dice anche che il nostro tempo fatica a vedere riconosciuto il dolore subito. Che troppi si sentono dire "perdona" prima ancora di sentirsi dire "hai ragione, hai sofferto, ti è stato fatto un torto".
Dunque, sì, preghiamo per ottenere la grazia del perdono.
Ma chiediamo anche il coraggio di pretendere, nel nome della verità e della giustizia, il pentimento. Perché la pace vera non nasce solo dal cuore magnanimo di chi perdona, ma anche dalla rinascita morale di chi si converte.
In fondo, anche il ladrone perdonato da Cristo sul Golgota lo fu non per il solo fatto di essere lì, ma perché ebbe l'umiltà di riconoscere: "Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni".
Così si costruisce la comunione: Non sulla rimozione del male, ma sulla sua redenzione.
Non c'è resurrezione senza passione, non c'è assoluzione senza confessione. Ama il nemico, sì. Ma ama anche la verità. E la verità è che senza il pentimento il perdono non salva: semplicemente tace".
comunicato n.170334
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