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Benevento, 11-04-2025 22:37 ____
Le testimonianze drammatiche di persone che vivono esperienze di vita tragiche e che si affidano alla Croce con occhi di speranza
Al Teatro Romano colmo di persone si e' svolta la Via Crucis della Pastorale Giovanile caratterizzata da momenti altamente emozionali. La Croce e' stata portata dall'arcivescovo Accrocca che ha parlato anche delle Stazioni aggiuntive nate dalla pieta' popolare
Nostro servizio
  

Più che una Via Crucis di tradizione a cui a volte si partecipa anche senza grande trasporto, è stato un momento altamente emozionale e di riflessione, profonda, derivante dall'ascolto delle testimonianze di mamme e papà che hanno perso un figlio, di persone che hanno perso la capacità di camminare o di intendere normalmente o chi ha perso la libertà o chi ha visto la propria patria profanata dalla guerra.
Dove corriamo tutti i giorni...
Se stasera ci siamo fermati per un'oretta o poco più a riflettere è stato grazie all'iniziativa di don Antonio Malfi, responsabile dell'Ufficio di Pastorale della Diocesi che ha organizzato la Via Crucis diocesana dei giovani presieduta dall'arcivescovo monsignor Felice Accrocca.
Il tema di quest'anno, ci ha detto ancora don Antonio, è in sintonia con quello del Giubileo e quindi il tema della Speranza.
Ad ogni stazione della Via Crucis ci saranno delle testimonianze da parte di persone che hanno vissuto una delle esperienze citate dalla Via Crucis, e quindi ad esempio come chi è caduto nella vita e come si è rialzato ritrovando anche la speranza.
Don Antonio ha voluto anche ringraziare tutte le organizzazioni ed associazioni di giovani presenti sul territorio hanno partecipato alla organizzazione assieme a quelle universitarie.
Un ringraziamento particolare ha rivolto alla direzione del Teatro Romano che, ci ha detto Ferdinando Creta, ha visto il proprio personale rendersi disponibile a titolo gratuito per questo tipo di manifestazioni.
A questo punto, in un teatro colmo di gente nonostante l'ora tarda e la temperatura non proprio estiva, ha avuto inizio la Via Crucis con l'arcivescovo che ha portato la Croce per le varie stazioni.
A sottolineare il passaggio tra una stazione e l'altra tra un tema ed una testimonianza ed un'altra, è stato il duo Ilenia Angela Adamo, voce bellissima e Diego Romano alla tastiera.
Il primo intervento è stato di Lella che ha descritto le sue "montagne russe" affontate con picchi di gioia ma anche di dolore. Ci sono eventi traumatici che difficilmente possono essere affrontati se non si è insieme.
Da 25 anni sono affetta da una malattia autoimmune ma la mia vita non la cambierei con una più superficiale. Non è vero che la mia vita non valga la pena di essere vissuta. Io sono è resto una donna di speranza.
Alla seconda stazione c'è stata la testimonianza di una sorella che ha parlato con un amore infinito del fratello che ha subito una grave invadenza dell'handicap.
Gabriele è un eterno bambino.
I suoi gesti tra la gente magari possono creare imbarazzo ma poi io vedo la sua gioia sul volto e quel fratello così scomodo lo ami oltre ogni comprensione.
Accogliere la croce e trasformarla dunque in risorsa anche quando si è aggiunta una nuova tragedia rappresentata da una mamma colpita da infarto.
Ho capito allora che il tempo e la vita sono le cose che ho e che devo usare e stare sempre con il Cristo anche quando questo è scomodo.
A seguire la terza stazione è stata la testimonianza di chi che creduto che certe azioni fossero la soluzione.
Poi mi sono trovato solo in quel gruppo ed ho capito che la fiducia apparente che regnava tra noi non era reciproca.
E così mi sono isolato credendo di esser stato abbandonato a me stesso.
Hanno provato a gestire il corpo ma non lo spirito, cosa questa che sono riusciti poi a fare i sacerdoti ed ora dopo 3 anni il Signore è divenuto il mio rifugio.
Sono divenuto un francescano ed un ministrando. Quei muri invisibili tocca a noi abbatterli.
La quarta stazione ha visto il racconto da parte di una famiglia.
Dopo 4 mesi di matrimonio ci siamo accorti che non riuscivamo ad avere figli ed eravamo come in una tempesta ma mai però in balia delle onde.
Abbiamo rifiutato la fecondazione assistita perché convinti che non fosse quella la strada.
Dopo tre anni ci siamo decisi a fare domanda per una adozione.
Il cammino è stato lungo una strada tortuosa ed eravamo anche pronti a partire per il Vietnam quando abbiamo ricevuto la comunicazione del Tribunale per Anna.
Poi però ci hanno detto che era affetta da autismo.
Dio ci metteva di fronte ad una grande scelta.
Dovevamo scegliere di abbandonarci nella fede e così abbiamo fatto e la speranza non è rimasta delusa (la loro Anna era anche lei sul palco).
Straziante anche la testimonianza di una mamma alla quinta stazione.
Il mio cuore di mamma è soffocato dal dolore nel vedere mia figlia finire ogni giorno che passa. Cammino accanto a Lui in un atto d'amore.
Con i ragazzi disabili vedo una forza che non avrei mai immaginato.
Nella malattia c'è una fiamma nascosta che arde sotto la cenere.
La sofferenza non è mai vuota ma gravida di significato.
La speranza non muore mai ed è quella che è anche negli occhi di mia figlia. Mentre porto la croce con lei, mi accorgo che lei è un cammino di luce.
Sul palco alla sesta stazione sono giunti i clown che hanno esordito dicendo che sulla via del Calvario una donna si fece strada per detergere con un panno il volto di Gesù.
Il nostro camice bianco è simile a quel panno perché si lascia un segno indelebile su ogni gesto che facciamo per tenere accesa la lampada dell'umanità.
La settima stazione ha parlato di droghe. La tossicodipendenza è come un buco nero che si trova dietro di loro e la loro unica salvezza è la richiesta di aiuto.
Oggi chi lo ha fatto si impegna ed ha voglia di fare. Se lo si vuole non è mai troppo tardi per ricominciare.
L'ottava stazione ha visto la testimoniana di una insegnante di sostegno.
Dietro quegli occhi c'è il silenzio ma c'è anche il contatto che si ha con una mano ed è come prendere nella mia vita quella dell'altro.
In una lacrima c'è l'essere che va oltre la voce.
Sono a sostegno di chi ha bisogno di noi che riceviamo le domande alle quali non sempre diamo risposte ma quando mi porge la mano è come se mi dicesse: Aiutami a giocare...
Nella nona stazione è stata la rappresentazione del dramma infinito rappresentato da tante cadute.
Eugenia ha la famiglia che dà un senso alla sua esistenza. Il marito muore in un incidente stradale lasciandola con tre figli piccoli da accudire. Poi una delle figlie si ammala di leucemia a 20 anni.
Non hanno funzionato le preghiere né le invocazioni di tutti i santi.
Questa mamma allora rinnega Dio.
Per caso un giorno, accompagnando una amica, torna in chiesa dopo anni e qui scoppia in un pianto straziante. E' guarita.
Dio ci regala speranza anche quando crediamo di non volerla più.
Nella decima stazione c'è stata la testimonianza di una donna ucraina che ha voluto dire di trovarsi dove non è più la sua casa, quella dei suoi familiari. Non ho più nulla e non so più chi sono.
Il mio cuore è tremante.
Mi auguro di trovare la luce in questa trerra lontana dalla mia martoriata Ucraina.
Gesù tende la mano. Quella luce mi inonda. Lavorare per l'unità vuol dire alzare ponti e non barriere.
La undicesima stazione ha messo a nudo le problematiche del detenuto che sono rappresentate essenzialmente dal domani.
La società ha il dovere di dare una seconda possibilità anche al peggiore degli uomini.
Tutti ce la possono fare ma non se sono lasciati soli.
Non siamo dei nomi su dei pezzi di carta ma uomini fatti di carne ed ossa.
Ho sbagliatio a non credere nella vera amicizia.
Voglio ora vivere la vita senza premere il grilletto ed essere assassino di me stesso. Sono certo che Dio non vede le apparenze ma il cuore.
La dodicesima stazione ha visto la testimonianza del figlio di Aldo Iermano che ha ricordato del papà Aldo che perse la vita mentre accompagnava in Basilica ad una commemorazione di caduti in servizio l'assessore regionale Raffaele Delcogliano.
Era il 27 aprile del 1982.
A via Marittima a Napoli i terroristi e la camorra posero in essere questi omicidi nei confronti di chi stava mettendo ordine nei corsi professionali.
La speranza in queste ferite profonde è la memoria attiva. Nelle commemorazioni annuali è detto che sono morti perché credevano nella giustizia.
Ogni volta che si sceglie l'onestà rinasce un pezzetto strappato via con la violenza.
La speranza dopo un assassinio è una scelta dura.
La speranza rompe i silenzi ed è più forte delle risposte.
La speranza dobbiamo fare in modo che trovi casa in ciascuno di noi.
La tredicesima stazione è stata la testimonianza straziante di una mamma e di un papà.
Tutto è finito e Maria era lì quando Gesù, suo figlio, è morto.
La tua mamma non sentirà più la tua voce, ha sofferto con te fino alla fine.
Maria, sei tutte le mamme di ieri e di oggi che vivono con il cuore trafitto da una spada per la morte di un figlio. Hanno obbligo i farci aprire il cuore verso tutti.
Quando nostra figlia è morta ci è stato detto che voleva fare il medico in Tanzania e così in pochi mesi ci siamo andati. Morendo ci ha insegnato che bisogna vivere ed amare.
La quattordicesima stazione, l'ultima, ha raccolto la testimonianza di 18 mesi di buio per colpa di una meningite.
Poi c'è stato il lavoro, il matrimonio e la nascita di due bambine, un dono enorme.
Il male chi ce l'ha se lo tiene e così anche una bimba spastica.
Sono in carrozzina ma la mia vita la svolgo bene ed al mattino quando riescio ad alzarmi mi affido sempre alla Mamma Celeste e comincio la giornata con tanta speranza.
Terminata la via Crucis è stato il vescovo a chiudere descrivendo il cammino fatto ed articolato intorno alle 14 tappe, quelle tradizionali del XVIII secolo volute da San Leonardo da Porto Maurizio, tra i più importanti promotori della Via Crucis.
Poi ci sono le stazioni create dalla pietà popolare.
Per secoli la reliquia della Veronica che asciuga il volto del Cristo aveva preso il posto della Sacra Sindone.
Non sono particolrmente trasportato verso le reliquie in generale, ha detto ancora l'arcivescovo ed anche in quelle che sono certamente senza fondmento, eppure non nascondo di avere un desiderio nel cuore che è quello di potermi inginocchiare davanti a quel pezzo di stoffa della Veronica per ricordarci che la pietà ha creato quel volto nel tempo e che noi possiamo vedere in esso ciò cui hanno creduto nei secoli i nostri fratelli.
Ed allora anche nei volti talvolta meno gradevoli e simpatici dei nostri vicini, c'è il volto di Gesù.
Che possa la sua Croce darci la forza di abbracciare la nostra.
Possa la nostra Fede farci guardare alla Croce con occhi di speranza.
Infine, l'arcivescovo ha rivolto un caloroso invito a tutti i presenti a partecipare mercoledì prossimo alla messa del Crisma ritrovandoci così nel Cenacolo con il Signore.
Sin qui la cronaca di questa serata non facile da dimenticare.
All'uscita dal teatro, un gruppo di giovani della Pastorale ha fatto dono a tutti i presenti di una piccola Croce con allegato un Salmo su cui riflettere.

  

 

 

 

  

comunicato n.170215




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