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Benevento, 25-06-2016 18:28 ____
Angelo De Marco, gia' coordinatore cittadino del Comitato De Luca, interviene nel dibattito del dopo elezioni ed analizza le cause della disfatta
Caro Pd, io non temo il mastellismo in se', io temo il mastellismo in te
Redazione
  

Angelo De Marco (nella foto), già coordinatore cittadino del Comitato De Luca, interviene con una nota nel dibattito politico del dopo elezioni ed analizza le causa della disfatta, come egli dice.
"Il Partito Democratico è una forza politica che si basa su nobili e storiche radici: purtroppo gli alberi, i rami e le foglie sono palesemente il risultato di sperimentazioni di ingegneria genetica mal riuscite. L'evidenza dei numeri pone anche i più ottimisti e più appagati al suo interno ad un momento di riflessione e di riformulazione. Ma da troppo tempo il pensiero, l'elaborazione culturale e persino il cinico brainstorming sulle strategie politiche da perseguire non hanno permesso di soggiorno in quello che dovrebbe essere l'unico partito in Italia, almeno per il nome che porta.
E se il Pd non è più partito e non è più democratico cosa resta?
Il nulla.
L'elettorato beneventano con l'esercizio del voto ha svolto un'opera di risveglio nei confronti dei dirigenti del Partito Democratico, fino a quel momento fin troppo gongolanti nella loro egemonia istituzionale provinciale.
Il paradosso del cambiamento interpretato dal simbolo per antonomasia della vecchia politica beneventana è stato oggetto di discussione, in questi giorni, da parte sia di autorevoli analisti che da appassionati critici armati di tastiera, bevanda ghiacciata e social-network.
Purtroppo il paradosso diventa realtà quando è la realtà ad essere paradossale. Paradossale come la scelta di candidare il vicesindaco di 10 anni di giunta Pepe, contro il sindaco uscente, sbandierando la parola d'ordine "discontinuità".
Paradossale come presentarsi in blocco con la giunta uscente e parlare di nuovi programmi, nuove personalità, "tanti giovani", perché va di moda; senza esporre all'elettorato un bilancio (in tutti i sensi) della esperienza di governo della città appena conclusa.
Paradossale come pensare che la sommatoria delle singole preferenze possa sostituire in un sol colpo la mancanza di una proposta programmatica e politica innovativa, in grado di risolvere le problematiche della nostra comunità: la priorità, infatti, è stata quella di mettere in squadra portatori sani di preferenze, il più delle volte portatori insani di opinione e credibilità politica.
Rispetto, poi, ai 14 punti percentuali in meno raccolti dal candidato sindaco rispetto alla sua coalizione, esperti hanno parlato di un caso più unico che raro. Non un giudizio sulla persona, ma un giudizio sulla globalità della proposta. Come dire che “al singolo un voto di stima posso anche darglielo, ma non riesco ad avvallare l'intero entourage”.
E mentre oggi ci si guarda intorno cercando "franchi traditori" colpevoli di un voto disgiunto organizzato e manipolato, il colpevole, come ogni best seller d’autore, è quello dietro lo specchio.
Il dato numerico è nudo e crudo: al primo turno circa 2/3 dell'elettorato che ha scelto di esprimere un voto è andato contro l'amministrazione uscente e il sistema di potere targato Pd.
Al secondo turno circa 2/3 dell'elettorato, che ha scelto di esprimere un voto, è andato contro l'amministrazione uscente e il sistema di potere targato Pd.
E di fronte ad un’abbondanza di tal numeri, non ci sono né franchi, né cicci che tengano.
Allora bisognerebbe pensare ad altre forme di partecipazione e di seduzione nei confronti dell'elettore, si dovrebbe comprendere che il potere, all'inizio è ammaliante, perché pone le persone nella speranza che le condizioni della propria comunità possano mutare al meglio, ma se poi muta in un potere inutile, finalizzato alla conservazione di sé stesso, diviene inesorabilmente una cappa intollerante che avvolge le Istituzioni, la cui gestione risulta essere (nell’ipotesi del "pensar bene") il divertissement di una "politica, politicante ed inconcludente".
Concludo parafrasando un artista da sociali-networking, a sua volta abile nel parafrasare una celebre massima dell'indimenticato Giorgio Gaber.
"Caro Pd, io non temo il mastellismo in sé, io temo il mastellismo in te."

comunicato n.92781



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