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Benevento, 24-04-2024 16:23 ____
Non si puo' celebrare una giornata di lutto, come una festa nazionale
Il 25 aprile di ogni anno evocava la lotta fratricida di italiani contro italiani. Una strage che non risparmio' neanche i sacerdoti, alcuni dei quali vennero uccisi da entrambe le parti che guerreggiavano, commenta Donato Calabrese
Redazione
  

Riflessioni sulla celebrazione del 25 Aprile ci giungono da Donato Calabrese (foto).
"Frequentavo il IV superiore, nell'Istituto Professionale di Stato per il Commercio di Benevento e poiché eravamo vicini al 25 aprile (non ricordo se del 1963 o 1964), il professore di Italiano - scrive - ci dette un tema: Parlate del 25 aprile, anniversario della resistenza.
Non ricordo cosa scrissi nello svolgimento di quel tema ma i miei sentimenti di allora erano gli stessi di oggi.
Ringrazio il Signore per non aver permesso, nella mia vita, l'invecchiamento del cuore e dello spirito.
Forse anche la mia patologia mi ha aiutato ad essere spiritualmente giovane e profondamente ancorato all'insegnamento di Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio Benedetto.
Anche se non avevo ancora raggiunto la piena maturità della mia fede in Cristo, sapevo e ribadii, nel tema, che non si può celebrare una giornata di lutto, come una festa nazionale.
Difatti, il 25 aprile di ogni anno evocava la lotta fratricida: italiani contro italiani.
Una strage che non risparmiò neanche i sacerdoti, alcuni dei quali vennero uccisi da entrambe le parti che guerreggiavano. Ma io non sto da nessuna parte.
Credo d'interpretare la coscienza cristiana del nostro popolo: una stirpe di uomini di antico lignaggio cristiano.
Non spettava a me dire dove stava il giusto e l'ingiusto, anche perché io credo che le uccisioni, che sono sempre ingiuste, abbiano caratterizzato tutti e due gli schieramenti.
Come discepolo del Nazzareno crocifisso, mi sentivo in dovere di stigmatizzare una festa che per me non era festa, semmai una giornata di riflessione, all'insegna di un proposito, anzi di un desiderio: di non vedere mai ripetute queste stragi tra fratelli, tra amici, tra parenti, tra uomini di una stessa etnia italica, tra cittadini e patrioti di quelo straordinario Paese, tanto amato da Dio, eppure tanto ingrato verso lo stesso Dio.
Vi chiedo di non trasformare la giornata di domani 25 aprile, in celebrazioni che aprirebbero, semmai le avesse chiuse definitivamente, le ferite profonde insite nella nostra gente e perfino nel nostro stesso sangue.
Celebriamola come un giorno di riflessione silenziosa: senza grancassa; senza applausi; senza enfasi, senza trionfalismi.
Perché la celebrazione evoca un dolore reciproco che ci siamo dati: italiani e italiani; cristiani e cristiani; uomini e uomini!
Che sia una giornata di serena riflessione e di abiura di ogni guerra: specialmente di ogni guerra civile, che è la morte della dignità umana, dei sentimenti più veri, nobili, e autentici del nostro popolo.
Celebriamola! Ma senza feste! La festa sul sangue sparso, da una parta o dall'altra, non è festa, ma un lutto, un evento doloroso, anzi tra i più dolorosi, della storia patria".

comunicato n.163615



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