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Benevento, 25-09-2022 09:05 ____
Un errore fare scomparire quell'affresco, un pezzo di storia, peraltro intriso di sofferenze, della vita degli anni del dopoguerra al rione Ferrovia
Nei miei ricordi rivedo ancora il giudice Berruti scendere le scale del palazzo, con la piccola bara della figlioletta tra le mani, per adagiarla sul carro funebre o il professore Gravante che perse anch'egli il suo figlioletto. Quei bimbi erano nel quadro, tra gli angeli, ricorda Peppino De Lorenzo
Nostro servizio
  

E' di un affresco ospitato per decenni sullo sfondo dietro l'altare nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli (nella foto un frammento tratto da una antica immaginetta sacra della Madonna), al rione Ferrovia, inspiegabilmente scomparso, che Peppino De Lorenzo ritorna a parlare.
Spera, questa volta, di ottenere una risposta, tra l'altro, giusta e doverosa.
"Nella vita di ogni comunità sono custoditi ricordi che non possono essere rimossi con un colpo di spugna senza, poi, offrire almeno una spiegazione, pertinente o meno che sia.
Anni fa, ritrovandomi nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, nel luogo sacro ben tenuto, pulito ed accogliente, non ritrovai, sullo sfondo dietro l'altare, l'affresco da decenni lì posizionato.
La chiesa era stata ristrutturata da poco e quel dipinto, sostituito da una anonima tinteggiatura, era scomparso.
Ebbi la sensazione che quel luogo non appartenesse più agli anni della mia fanciullezza, quando parroco era don Luigi Chiocchio, uomo dal carattere mite, coadiuvato da don Mario, caratterialmente all'opposto.
La chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, prima del secondo conflitto mondiale, era ubicata nell'attuale piazza cardinal Pacca, per questo nota ai più quale piazza Santa Maria.
Distrutta dagli eventi bellici, nel 1950, fu ricostruita al rione Ferrovia, sotto la guida illuminata di Salvatore Pennella.
Alcuni anni dopo si pensò di renderla più confortevole.
Fu un insegnante del liceo scientifico "Gaetano Rummo" a finanziare la realizzazione dello sfondo dietro l'altare.
La rievocazione della fede e della sofferenza di una città in ginocchio. Alla guerra si era, poi, aggiunta l'alluvione del fiume Calore il 2 ottobre 1949.
Quell'insegnante era il professore Girolamo Gravante, pugliese di origine, che, in quegli anni, fresco di nomina, era arrivato nella nostra città.
Giunto qui da noi, provò il dolore più grande che un genitore possa avere: la perdita del figlioletto.
Il bimbo, malgrado le cure dell'epoca, si spense al terzo piano dei fabbricati Incis di via Vittorio Veneto.
Il professore Gravante, basso di statura, molto preparato nella sua disciplina, era un uomo semplice.
Avuta l'autorizzazione dall'arcivescovo dell'epoca, monsignor Agostino Mancinelli, Gravante dette mandato ad un architetto che, appunto sullo sfondo della parete dietro l'altare, realizzò un dipinto in cui appariva la Madonna circondata da tanti angeli.
Le testine di questi ultimi raffiguravano quelle dei bambini morti nel dopoguerra e, tra questi, anche l'immagine del figlioletto.
Tra le altre, vi era anche quella della piccola Tuni, figliuola del magistrato Carlo Maria Berruti.
Il destino è invero strano. Infatti, questa bimba morì nello stesso edificio di via Vittorio Veneto, al secondo piano.
Nei miei ricordi, vivendo lì i miei nonni, rivedo ancora, io ero bambino, il giudice Berruti scendere le scale del palazzo, con la piccola bara della figlioletta tra le mani, per adagiarla, poi, sul carro funebre.
Sarebbe stato giusto che, nel ristrutturare la chiesa, quello sfondo non venisse rimosso, magari ripreso qualora usurato dal tempo.
Lo stesso don Luigi Chiocchio, con sacrifici enormi, si prodigò per sopperire alle spese necessarie per la riattazione.
E' stato, per questo, un errore fare scomparire un pezzo di storia della vita degli anni del dopoguerra al rione Ferrovia.
Un pezzo di storia, tra l'altro, intriso di sofferenze.
Ogni funerale è senza spiegazioni quando a seguirlo sia un genitore.
Spinto da questi ricordi, alcuni anni fa, ebbi modo di chiedere all'attuale parroco, monsignor Pompilio Cristino, se negli archivi della chiesa vi sia traccia, almeno una foto, di questo vissuto che possa rinverdire il ricordo di quelle anime innocenti.
Alla mia richiesta, però, non vi è stato alcun riscontro.
Gli anni sono trascorsi ed oramai gli eventi sono coperti dall'oblio.
Con la speranza di essere più fortunato oggi, mi accorgo che la scomparsa di quelle immagini abbia cancellato un pezzo di vita del rione, intriso di tanti dolori.
E' la triste realtà della vita. Purtroppo!"

                                    

comunicato n.152391



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