Benevento, 25-07-2021 09:03 |
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Una storia tanto suggestiva da apparire quasi irreale. Si verifico' interessando i beneventani che si lasciavano alle spalle la guerra
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Nostro servizio |
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E' una storia molto suggestiva che Peppino De Lorenzo ricorda questa settimana.
La stessa ebbe vasta eco negli anni Cinquanta, periodo, quello, che faceva seguito al secondo conflitto mondiale. Sulla stessa, considerando il non breve lasso di tempo intercorso, oggi, è caduto il velo dell'oblio.
"La vicenda che mi appresto a ricordare è datata dal tempo.
Per questo, chi la ricorda, di sicuro, ne ha avuto conoscenza da genitori e familiari.
E' tanto suggestiva, e non di poco, da apparire quasi irreale.
Eppure si verificò realmente interessando i cittadini beneventani che lasciavano alle spalle la guerra e contavano, giorno dopo giorno, i danni prodotti.
Mio padre la ricordava spesso anche se, essendo io bambino quando si verificò, non ne abbia un ricordo diretto.
Il caso, poi, volle che, da ragazzo, incominciando a frequentare la redazione di "Messaggio d'Oggi", fosse il direttore, Giuseppe De Lucia, a raccontarla nei particolari, permettendomi anche di farmi conoscere l'autore di quella trovata geniale, frequentatore della sede del giornale in via Umberto I.
Ed io, sin dal primo momento, ritornai ai racconti di mio padre che, intanto, era morto.
Bene. Il periodo che il Paese attraversava era difficile ed in tanti, anche padri di famiglia, seguivano ogni strada possibile nella speranza di trovare un sicuro posto di lavoro.
Tante, come si ricorderà, le emigrazioni al nord nel polo industriale.
Sfruttando la possibilità di una occupazione, un beneventano, tra l'altro molto conosciuto in città, ebbe una pensata geniale che avrebbe potuto offrire lo spunto a De Filippo per una commedia.
Tuttavia, quando lo conobbi, appariva corretto nei modi, educato, al punto che con me stabilì un ottimo rapporto che, ancora oggi, ricordo con affetto.
Aveva sposato la figlia di un noto professionista cittadino.
Nella sua mente, che definire diabolica è poca cosa, pensò di dare vita ad una società, fittizia è ovvio, che si impegnava ad assicurare un sicuro posto di lavoro all'estero, previo versamento anticipato di una somma convenuta che comprendeva ogni onere, spese di viaggio comprese.
Non pochi furono i sanniti che caddero nella trappola impegnando, ingenuamente, quanto accumulato con privazioni e sacrifici.
Dopo avere raggruppato un numero consistente di adepti, furono stabiliti giorno ed ora della partenza.
Incontro a Napoli, al molo Beverello, per l'imbarco.
Tanti furono i familiari che accompagnarono il congiunto alla ricerca di un futuro diverso.
Le lacrime e gli abbracci si sprecarono.
I fazzoletti sventolarono mentre l'imbarcazione lasciava la terra ferma e prendeva il largo.
Il viaggio, però, fu breve. Dopo un pò, tutti furono invitati a scendere.
In molti si posero la domanda: "Siamo già arrivati?".
L'incredulità fu tanta.
Solo che la destinazione non fosse altro che Capri.
I malcapitati, di lì a breve, fecero ritorno a casa, mentre l'organizzatore del fantasioso viaggio, geniale ma ingenuo, varcò la soglia del carcere San Felice, allora ubicato al viale degli Atlantici".
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