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Benevento, 15-07-2021 09:39 ____
Il presupposto del green pass per rendere lecite certe condotte risulta giustificato laddove si mostri inutile il ricorso a misure meno gravi
Progredire su questa strategia di divieti irragionevoli rischia di porre in pregiudizio il valore ultimo della coesione sociale a presidio del quale operano, tra l'altro, il principio di eguaglianza insieme a quello di solidarieta'
di Vincenzo Baldini docente Diritto Costituzionale
  

Pluralismo della comunicazione è sinonimo di libertà di coscienza e democrazia.
Le due locuzioni, come è noto, si mostrano strettamente complementari e interdipendenti.
In questa fase, detta dell'emergenza infinita, tale pluralismo è animato molto o soprattutto dagli scienziati di varie discipline, che si affrettano a offrire la loro sapienza al flusso comunicativo disquisendo su efficacia maggiore o minore di strategie di prevenzione e, per gli scienziati del diritto, sulla legittimità delle stesse.
Agli onori delle cronache (come si dice...), oltre ai tanti virologi-immunologi di turno, balzano autorevoli giuristi, un tempo anche uomini delle istituzioni, di governo e/o di garanzia, che, oggi, si affrettano ad osannare la legittimità costituzionale di un'eventuale, ulteriore stretta da parte del Governo sull'esercizio delle libertà da parte dei “cattivi” che non hanno inteso vaccinarsi.
Si sprecano, in queste ore, le lodi verso il presidente della Repubblica francese che ha imposto il possesso del green pass praticamente per ogni attività o momento di natura relazionale dei suoi cittadini da svolgersi fuori dalle mura di casa propria.
Tuttavia, sorprendono e lasciano pensosi tali affermazioni di sicura approvazione di una ventilata strategia del governo italiano mirata a un più largo utilizzo del green pass per lo svolgimento di attività e condotte riconducibili comunque ad esercizio di libertà costituzionali dell'individuo. 
Per non indulgere qui in errori di metodo è opportuno fissare qualche minimo presidio di ordine teoretico-dogmatico del nostro discorso.
Innanzitutto, la solidarietà quale imperativo etico è altro e diverso dalla solidarietà quale norma-principio costituzionale, come l'essere lo è rispetto al dover essere.
L'apprezzamento etico della condotta tenuta dai singoli non interessa il giurista (al massimo, interessa sociologi e religiosi) che, invece, ha da concentrarsi sulla tutela della solidarietà quale principio costituzionale.
Su questo secondo versante, in particolare, la previsione normativa configura un dover essere di cui unico destinatario è il legislatore ordinario, dato che ogni norma della Costituzione in generale (anche quella relativa a singoli diritti fondamentali di libertà) ha quali destinatari esclusivi (non i cittadini o i singoli bensì) organi del pubblico potere, in primo luogo il Parlamento.
Per quanto attiene nello specifico alla sfera della salute, il vincolo costituzionale di solidarietà si risolve nell'attribuzione alla legge ordinaria del potere di eventualmente imporre trattamenti sanitari obbligatori in deroga al principio generale della libertà di cura, laddove il Parlamento ravvisi l'esigenza di dare prevalenza alla salute come Bene pubblico.
Diversamente, domina in materia l'autodeterminazione individuale.
Alle Camere rappresentative, dunque, è rimesso in via esclusiva l'apprezzamento tra istanza solidaristica e istanza di libertà individuale in questa materia e a surrogare l'assenza della norma impositiva di Trattamenti Sanitari Obbliogatori non può valere la previsione (pure legislativa) di limiti o condizionamenti ulteriori all’esercizio di libertà costituzionali tali da renderlo di fatto pressochè impossibile per chi fosse sprovvisto della certificazione verde.
In tal caso, infatti, l'obbligo vaccinale sarebbe introdotto in una forma surrettizia, in contrasto con quanto disposto dalle norme costituzionali (non soltanto dell'articolo 32 Costituzione).
Né può costituire, a tanto, una reale obiezione il richiamo alla possibilità di munirsi di un tampone (con esito negativo, ovviamente), la cui durata e i cui costi risulterebbero alla lunga insostenibili sia per i singoli sia per le comunità familiari.
L'ipotizzato largo (o larghissimo) utilizzo del green pass andrebbe a tracciare, in conclusione, una "via italiana" all'induzione al trattamento vaccinale in carenza di previsione legislazione, rendendo così farlocca e impraticabile l'autodeterminazione individuale assicurata dall'articolo 32 comma 1 della Costituzione.
Un secondo aspetto sul quale comunicazione degli eminenti studiosi non può non indurre a dubbi e incertezze, è la mancanza di considerazione in essa mostrata verso quei parametri di razionalità (proporzionalità, adeguatezza, essenzialità, necessarietà) che pure la Corte costituzionale ha sempre impiegato nel suo sindacato su leggi che sanciscono limiti a diritti e libertà fondamentali.
Non intendo discutere l'affermazione sull'assoluta prevalenza del diritto alla salute rispetto a ogni altro diritto fondamentale che, ancora una volta, sembra indotta da una incomprensibile commistione dei piani dell’essere e del dover essere.
Non può non osservarsi però il conflitto-concorrenza d'interessi costituzionali va risoluto, da parte del legislatore, attraverso la tecnica del cosiddetto ragionevole bilanciamento, che non include il sacrificio integrale di alcuno degli interessi in gioco ma li pone in un equilibrio di congruità costituzionale.
Pertanto, il presupposto del green pass per rendere lecite certe condotte (le medesime condotte, poste in essere da chi fosse sprovvisto di certificazione, risulterebbero illecite e perciò punibili nella misura che sempre il legislatore dovrà ragionevolmente definire) risulta giustificato laddove si mostri (anche in via soltanto prognostica) inefficace o inutile il ricorso a misure meno gravi rispetto al fine perseguito della prevenzione del rischio (ad esempio, non dovrebbe esserlo l’impiego costante della mascherina o il rispetto delle regole di distanziamento, o altro).
Progredire su questa strategia di divieti irragionevoli, in conclusione, rischia di porre in pregiudizio il valore ultimo della coesione sociale a presidio del quale operano, tra l'altro, il principio di eguaglianza insieme a quello di solidarietà. A finire sacrificato sull’altare della massima prevenzione rischia di essere la tenuta dello Stato come unità sociale.
La storia, anche romanzata, insegna che il destino ultimo del confronto tra untori e "buona" società è un'estremizzazione del politico nella lotta tra amico-nemico.

comunicato n.142242



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