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Benevento, 04-11-2018 14:46 ____
Non combattiamo piu' guerre da 70 anni ma le difficolta' di oggi distruggono i fondamenti di una societa' e la fiducia dei giovani
Il prefetto Francesco Antonio Cappetta, alla Festa dell'Unita' Nazionale e delle Forze Armate, ha affermato che il tragitto di oggi forse e' piu' difficile persino di quello dei ragazzi del '99
Nostro servizio
  

Un cielo nuvoloso con a tratti anche scrosci di pioggia, ha segnato di malinconia la manifestazione celebrativa della Festa dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate che quest'anno è coincisa con il 100esimo dalla fine della prima guerra mondiale.
E' stata la prima volta in assoluto per il prefetto Francesco Antonio Cappetta ma anche per il presidente della Provincia, Antonio Di Maria, eletto solo qualche giorno fa.
Dopo l'ingresso nel quadrato dei Gonfaloni del Comune e della Provincia di Benevento, il prefetto, insieme al comandante provinciale dei Carabinieri, Alessandro Puel, ha passato in rassegna il picchetto armato.
Quindi, lo stesso prefetto, insieme alla massima autorità militare, al sindaco di Benevento e al presidente della Provincia, ha deposto una corona di alloro ai piedi del Monumento ai Caduti, dando successivamente lettura del messaggio del capo dello Stato.
Ha fatto seguito, poi, la lettura, da parte del comandante provinciale dei Carabinieri Alessandro Puel, del messaggio del ministro della Difesa alle Forze Armate.
Infine, i discorsi, del sindaco del Comune di Benevento e del presidente della Provincia.
Non ha preso parte alla manifestazione l'arcivescovo Felice Accrocca rappresentato dal vicario mons. Abramo Martignetti.
Il sindaco Clemente Mastella, in particolare, ha detto che con oggi, con questa cerimonia, si recuperano le fonti della nostra unità nazionale.
Questa manifestazione non è una suggestione barocca che ripetiamo con una ritualità chirurgica, ogni tanto, ma un momento fondante della storia del nostro Paese.
Il 4 novembre è la giornata della vittoria, una vittoria che D'Annunzio definì però mutilata dal mancato ritorno all'Italia di Trieste e Trento.
Mentre ricordiamo i nostri eroi ed il nostro Monumento sta a significarlo, voglio ricordare anche quelli che partirono e che furono sconfitti nella guerra del 1945.
Anche loro partirono e bruciarono in un olocausto, come mio padre, la loro gioventù.
Gente che partì a 20 anni e ritornò a 30 facendo generosamente dono di sè alla Patria.
A loro ed alla Nazione dobbiamo guardare in questo momento con un atteggiamento di filiale devozione.
Mi auguro che non ci siano più guerre anche se esse non sono solo quelle che vengono combattute.
Oggi non c'è più la paura della guerra tradizionale ma ce ne sono altre.
Fili spinati, muri che si alzano tra di noi, anche in Europa e questo non va bene.
Non mi piacem, ha concluso Mastella, il populismo disgregante, non mi piacciono gli atteggiamenti sovranisti che recuperano questi egoismi nazionali.
Con gli egoismi non si va da nessuna parte.
A questo punto, ancora sotto la pioggia, è stato il presidente Antonio Di Maria a prendere la parola affermando che indicibili sono state le sofferenze e il terribile strazio di centinaia di migliaia di vite spazzate via in un conflitto che, tuttavia, segnò la nascita di una coscienza nazionale.
Lo testimonia, ha ricordato il presidente, il viaggio in treno, tre anni dopo quel 1918, delle spoglie del Milite Ignoto dal fronte di Nord est fino all'Altare della Patria a Roma con milioni di italiani inginocchiati ai lati dei binari per rendere omaggio a tutte le vittime di quel conflitto.
Di Maria ha quindi ricordato che l'Italia di oggi deve tutto a quei soldati, provenienti da tutte le contrade del Paese, molti dei quali erano persino inconsapevoli dei motivi per i quali si trovavano in guerra.
Per questo Di Maria ha chiesto che tutti si rivolgano con deferenza e rispetto verso il Monumento ai Caduti presente in ogni Comune italiano a ricordo dei concittadini che persero la vita in tutte le Guerre ed ha auspicato che le Scuole vogliano contribuire a rafforzare nelle giovani generazioni la conoscenza dei valori etici e civili raffigurati in questi Monumenti e che costituiscono il cemento dell'Unità nazionale.
L'Italia contemporanea, ha quindi dichiarato Di Maria, è oggi impegnata in un nuovo fronte di guerra: Quello della salvaguardia delle piccole comunità locali, che rischiano di essere spazzate via dalla desertificazione sociale e dalla denatalità.
Troppi giovani emigrano per cercare lavoro all'estero, ha detto Di Maria.
Il Sannio sta rinunciano a straordinarie potenzialità e capacità di ragazzi e ragazze che sono formati dalla Scuola e dall'Università locale, costituenti pur sempre il fiore all'occhiello del territorio.
Le istituzioni locali, ha concluso Di Maria, sono oggi chiamate a combattere con tutte le proprie forze per non disperdere il patrimonio storico e culturale dei piccoli centri e per creare le basi materiali ed immateriali che consentano ai giovani di restare sul territorio.
Sin qui la manifestazione svoltasi a piazza Castello i cui passi salienti sono stati accompagnati da brani eseguiti dalla Banda Musicale del Conservatorio Statale di Musica "Nicola Sala" diretta da Vincenzo D'Arcangelo.
Poi ci è spostati nel salone della Prefettura, dove si è tenuta la cerimonia di consegna delle medaglie alla memoria dei Caduti della Grande Guerra dei Comuni di Calvi, Morcone, Pannarano e San Bartolomeo in Galdo, cerimonia preceduta dalla presentazione dell'evento da parte di Concetta Pacifico, presidente dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci.
Quindi il prefetto Cappetta ha consegnato 15 onorificenze dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana conferite dal capo dello Stato a: Carlo Buono, Giuseppe Calabrese, Giuseppe Carrese, Luigi A.P. Ciancio, Pierluigi Cianciola, Corrado De Luca, Giuseppe Furno, Michele Garofano, Massimo Marenna, Vincenza Nunziato, Alfredo Salzano, Gennaro Santonastaso, Raffaele Siciliano, Ciriaco Tufo e Rosa Viola.
Il prefetto Cappetta ha ricordato di quando egli ha prestato servizio proprio in quelle zone dove più aspri sono stati i combattimenti della prima Guerra Mondiale, sul Piave, a Redipuglia.
Ogni volta ho pensato a quel fiume dalle acque placide ma che hanno trasportato anche tanto sangue italiano.
Ho visitato anche le trincee ed ho immaginato di quanto ciascuno, all'epoca della guerra, in quegli spazi angusti, parlava il proprio dialetto che era la propria lingua.
Sembrava un elemento divisivo ed invece per la prima volta insieme tutti si sono sentiti cittadini di questo Stato.
Chissà cosa penserebbero se vedessero oggi gli Stati europei che non si combattono più oramai da 70 anni. Penso ne resterebbero stupiti.
Non abbiamo più guerrre, è vero, ma attraversiamo un momento ancora più grave perché nelle guerre si distrugge, è vero, ma poi si ricostruisce, un po' come è accaduto alla nostra Cattedrale.
Le difficoltà di oggi distruggono invece i fondamenti di una società e la fiducia dei giovani.
Occorre dunque, ha concluso Cappetta, un progetto futuro, certamente più difficile di quello dei ragazzi del 1899.
Da tutto ciò, dal ricordo di queste persone, si faccia in modo di non disperderne i valori.

Le foto sono di "Gazzetta di Benevento". Riproduzione vietata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

La cerimonia nel Salone della Prefettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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