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Benevento, 02-09-2016 21:46 ____
Presentato il libro di Giorgio Benvenuto e Claudio Marotti "Giuseppe Di Vittorio. Una storia di vita essenziale, attuale, necessaria"
E' stato il padre della Cgil ed e' entrato nel mito oltre che nella storia del movimento contadino e operaio del nostro Paese
di Maria Cristina Donnarumma
  

Nella Sala Convegni dello storico ed elegante Palazzo Caracciolo Cito a Torrecuso, nell’ambito della manifestazione VinEstate e di fronte ad un numeroso pubblico, è stato presentato l’interessante libro "Giuseppe Di Vittorio. Una storia essenziale, attuale, necessaria" edito da Morlacchi, con la prefazione del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.
Gli autori, Claudio Marotti, sociologo, e Giorgio Benvenuto, ex segretario generale della Uil ed ora presidente della Fondazione Bruno Buozzi, e Pietro Nenni, stimolati dalle incalzanti domande della moderatrice, hanno tracciato la biografia di colui che fu il primo segretario della Cgil, anzi il padre della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, un grande uomo ed un grande sindacalista, che sin da adolescente lottò per i suoi fratelli contadini, braccianti e operai, rischiando la vita e trascurando per le loro cause anche i suoi affetti.
Il volume, scritto a quattro mani, ha il carattere di romanzo ed offre una doppia chiave di lettura, più politica e sociologica l'analisi fatta da Marotti, più umana e personale quella di Benvenuto, che conobbe Di Vittorio quando era ancora bambino nel 1945 accompagnando sua zia, ricca proprietaria terriera, ma vicina ai suoi contadini, a San Severo, nella piazza centrale, ad una riunione per ascoltare il grande uomo.
Benvenuto ha raccontato, non senza emozione, di essere rimasto colpito e di non aver più dimenticato quella piazza gremita di contadini dai mantelli neri, sdruciti, consunti, che issavano cartelli con scritte elementari ma efficaci: "Pane, lavoro, pace"; alcuni scalzi, dai visi sofferenti, invecchiati precocemente, con le schiene piegate dal peso della fatica, con i colli nodosi e le mani incallite, accompagnati da donne con i loro scialli neri e le vesti lunghe e nere che denunciavano vite piegate dal lavoro precoce e da privazioni e sacrifici e tra tutto quel nero spiccava il rosso delle bandiere che, mosse dal vento, esprimevano forza e volontà di reagire su tutto e tutti.
Benvenuto ha affermato che fu impressionato ed affascinato dall'uomo robusto che parlava con una voce calda, forte, impetuosa, viva, tonante, diretta, che si esprimeva in modo semplice, ma efficace, generando una grande forza attrattiva e magnetica, che lo condizionò e lo guidò nelle sue scelte future, quell'uomo era Giuseppe Di Vittorio.
Marotti, invece, ha ripercorso la storia dell'uomo e del sindacalista Di Vittorio alternando anche riferimenti alla storia del movimento sindacale in Italia e la sua caratterizzazione, con continui aneddoti che hanno contribuito a consegnarlo per sempre alla storia ed all'immaginario dei lavoratori, diventando protagonista delle lotte per l'affermazione dei loro diritti, ma anche il simbolo di una cultura del cambiamento per vedere affermati la loro dignità e la parità a tutti i livelli delle classi sociali.
Marotti ha riportato, nella sua analisi, documenti e testimonianze di semplici lavoratori o di importanti uomini politici o rappresentanti sindacali.
Per chi, come me, non conosceva se non di nome Giuseppe Di Vittorio, dopo la lettura delle pagine del libro e dopo aver ascoltato i due autori non può che provare ammirazione per l’uomo, il leader, il politico Giuseppe Di Vittorio, amato dalle folle dei lavoratori che riempivano le piazze provenienti da ogni dove, attratti dal suo carisma, dalle sue parole che li incitavano a non mollare, a raggiungere un grado di sapere tale da permettere loro una crescita come persone singole, di sviluppare la loro personalità e di conquistarsi quella condizione che conferisce alle masse popolari un senso più elevato della propria funzione sociale, della propria dignità nazionale e umana.
Di Vittorio riteneva la cultura uno strumento per andare avanti e far andare avanti, progredire ed innalzare tutta la società e la crescita culturale alla base del sindacato e quest'ultimo come mezzo per costruire una società nuova, un paese diverso.
Infatti, era convinto che l'ignoranza degli umili fosse l'arma più potente in mano al potere per mantenere privilegi e perpetrare abusi ed ingiustizie.
Nei suoi numerosi discorsi incitava le masse a studiare per essere liberi, a conoscere per sapere, per riscattarsi.
Egli avvertiva il peso della sua condizione originaria, era figlio di analfabeti, aveva frequentato fino alla seconda elementare e poi era stato costretto a 7 anni ad andare a lavorare nei campi, pertanto spesso usava dire: "Quanta fatica mi è costata l'ignoranza".
Solo a 22 anni da esiliato in Svizzera potè studiare varie discipline con metodo, ma da autodidatta, pertanto man mano che leggeva ed approfondiva gli sembrava di scalare un muro, ma ciò che illuminò la sua vita di infaticabile studioso fu la scoperta del vocabolario che fu per lui una ricca miniera di conoscenze.
Marotti ha concluso dicendo che Luciano Lama ci ha lasciato questa testimonianza sul grande sindacalista: "Di Vittorio, a differenza di tanti di noi, non era settario, ma cercava sempre di capire le ragioni degli altri... si sforzava di essere obiettivo, convincente e parlava in nome di principi che prima di essere politici o ideologici erano morali...
Era un uomo che guardava alle grandi prospettive, ragionava sempre in funzione del futuro.
I lavoratori si sentivano, quando lo ascoltavano, innalzati ad una funzione moralmente elevata: dava a quelli che lo ascoltavano l'impressione che essi potevano compiere grandi cose, per le quali valeva la pena di impegnarsi e sacrificarsi.
Giorgio Benvenuto, alla fine, è nuovamente intervenuto citando un ricordo di Francesco De Martino su Di Vittorio: "La terra è un bene naturale come l'aria", una frase piena di contenuto storico-politico perché la concezione della terra come bene naturale fa liberi i braccianti, fa liberi i contadini.
In conclusione, si può affermare con la Camusso che Giuseppe Di Vittorio è stato sì un grande ed importante dirigente sindacale, ma anche il simbolo della fame come tanti braccianti pugliesi, della volontà del riscatto sociale per affermare la propria dignità di uomini... e se Di Vittorio doveva costruire dal niente, oggi tocca ricostruire ripartendo proprio dal suo messaggio e dai suoi insegnamenti.
Quindi, Giuseppe Di Vittorio non è stato solo un grande sindacalista, un grande politico, ma soprattutto un grande uomo ed una grande figura del '900.

                                                                       

comunicato n.94570




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