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Benevento, 18-09-2014 09:51 ____
Piero Mancini scrive un nuovo capitolo della storia infinita che vede protagonisti i dipendenti degli ex Consorzi Rifiuti
Per i tre lavoratori che i giudici hanno imposto all'Asia l'odissea non è ancora terminata
Redazione
  

Un nuovo capitolo della storia infinita che vede protagonisti i dipendenti degli ex Consorzi Rifiuti.
In particolare, esso riguarda i tre lavoratori che i giudici hanno imposto all'Asia di assumerli.
Purtroppo la loro odissea non è ancora terminata: il presidente dell'azienda si oppone alla sentenza.
"L'Asia - scrive in una nota Piero Mancini - ha bisogno di operatori, la pianta organica, infatti, è carente.
Mancano decine di lavoratori per completarla.
Nonostante ciò, il presidente, in numerose interviste e comunicati, ci tiene a sottolineare che i tre devono essere cacciati non per suo accanimento personale, ma per un senso di giustizia, visto che i giudici non hanno preso analogo provvedimento per altri lavoratori ricorrenti: "Questi tre non sono figli della gallina bianca", ha, con grande eleganza pubblicamente affermato.
Il presidente dell'Asia ha avuto l'occasione per assumere tutti i ricorrenti nel mese di agosto del 2010, quando la vertenza fu portata in prefettura. Lui e il sindaco, si opposero a questa concreta possibilità.
Ciò è "storia".
Perché, dunque, oggi contesta le sentenze?
Per fare ammuina e finire sui giornali?
L'avvocato lo paga lui o i già tartassati cittadini?
Dei tre l'Asia ha grande bisogno perché alcuni lavoratori sono andati a "godersi" la pensione, altri seguiranno a breve e, si paventa, terminerà anche la mobilità dei sessanta ex dipendenti della Russo.
Eppure si chiede, ad un Tribunale, di allontanare da una prestazione necessaria e utile, per il decoro della città, tre poveri lavoratori.
Un comportamento incomprensibile, per chi non conosce un chiarificatore episodio.
Nella primavera del 2010, alcuni dipendenti del Consorzio Bn1, nell'ambito della lotta per conservare il lavoro, occuparono la sede operativa, sita in Piano Borea, dove si trova anche la discarica utilizzata dall'Asia, bloccando il cancello.
Ciò impedì all'azienda di scaricare i rifiuti. (Quei rifiuti che, producendo il ferale percolato, avrebbero inquinato i pozzi e la falde acquifere. Il presidente dell'Asia e il sindaco, per questo, sono finiti sotto le lenti della magistratura e il sito sequestrato per alcun tempo).
Il presidente dell'Asia si adirò, non poco, contro i lavoratori per aver osato tanto.
Con un comunicato stampa, fra una minaccia di denuncia alla Procura e una citazione in latino, li additò quali "terroristi ecologici".
Poi, non contento, insieme al suo grande amico sindaco, fece "visita" agli occupanti.
Proprio con De Ianni e Ulano ebbe un forte alterco. Ricordiamo bene la frase che il presidente dell'Asia rivolse a Enzo Ulano: "Tu nella mia azienda non sarai mai assunto!".
Ulano, senza alcuna remore, di rimando, rispose a tono: "Mica mi devi assumere tu!".
L'inimicizia, quindi esiste, datata e pubblica!
Allora, primavera-estate del 2010, si prevedeva l'assunzione, di tutti gli operatori dei tre Consorzi, alle dipendenze della società provinciale Samte, (non avvenuta per interessi economici e clientelari dei soliti noti).
Per ironia della sorte oggi, il presidente, è costretto a pagare lo stipendio proprio a De Ianni e Ulano.
Una pillola amara: una battaglia personale persa, in malo modo.
Da quando è stato costretto ad accogliere in azienda i combattivi lavoratori ha manifestato, in pubbliche apparizioni, un grande e forte nervosismo.
Fino al plateale abbandono della conferenza stampa in cui, in pompa magna, per un restyling all'immagine, presentava "l'operazione guardie ambientali".
Ciò dopo una giusta e normale contestazione di alcuni dipendenti degli ex Consorzi.
Per il presidente dell'Asia, concentrato sulla privatizzazione dell'azienda, gli ultimi mesi non sono stati i migliori della sua vita: non passa giorno che cittadini o comitati di quartiere, attraverso i mass media, non manifestino fortissimi disappunti per come viene svolto il servizio.
Le attività commerciali sono costrette a pagare cifre non più sostenibili.
Anche questo contribuisce alla chiusura.
Noi apparteniamo al popolo che tutto dovrebbe subire e senza rimostranze. 
Altri alla ristretta oligarchia che gli consentono di non di lasciare la poltrona, come prevedono le regole.
Eppure, questa volta, non finirà con la sconfitta di tre poveri e umili lavoratori.
Resteranno in azienda, per sempre, alla faccia di tutti i potenti o che tali credono di essere".

comunicato n.73301




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