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Benevento, 21-11-2021 09:22 ____
A via Vittorio Veneto i fabbricati Incis in corso di realizzazione dall'impresa Delli Carri subirono danni notevolissimi dalla furia dell'acqua
L'alluvione dell'ottobre del 1949 provoco' 20 morti e 2mila senza tetto e mise in ginocchio l'economia della ricca e produttiva zona della Ferrovia. I danneggiati produssero istanza al prefetto per vedersi rimborsati, ricorda Peppino De Lorenzo
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Peppino De Lorenzo continua, questa settimana, a parlare dell'alluvione che interessò la nostra città il 2 ottobre 1949 e dei danni innumerevoli che la stessa provocò.
"I danni dell'alluvione furono davvero enormi.
In ultimo, infatti, si contarono 20 morti, 2mila senza tetto e danni, appunto, ingenti.
Anche se ebbi modo di vivere quell'evento in prima persona, avendo compiuto, solo da qualche giorno, il primo anno di vita, non ne ho, è ovvio, memoria diretta.
Il ricordo, per questo, è affidato al racconto che, più volte, ho ascoltato in casa dai miei genitori.
Ero venuto al mondo mesi prima, al secondo piano di uno degli edifici dell'Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati Statali (Incis) in via Vittorio Veneto.
Nella foto di apertura che, con le altre, riporta i danni dell'alluvione, è visibile la finestra della stanza ove venni alla luce (la didascalia a penna sulla foto, forse fatta dallo stesso imprenditore Delli Carri, avverte che buona parte dell'impalcatura era stata buttata a terra dalla furia dell'acqua ed altra era stata invece eliminata per motivi di sicurezza).
Mia madre mi raccontava che, proprio da quella stessa finestra, prima di rifugiarci ai piani più alti, tennero sotto stretto controllo il livello che saliva mentre io, ignaro di quanto si stava verificando, piangevo in quanto, ad ogni costo, volevo immergere la manina nell'acqua che stava per raggiungere la nostra abitazione.
Dalla memoria, in questo momento, emerge nitido il ricordo di cui spesso in giovinezza ho sentito parlare, si fa per dire, nel grigiore di quella triste vicenda.
Non molto lontano dal nostro fabbricato in via Vittorio Veneto (le foto si riferiscono tutte ai fabbricati Incis di via Vittorio Veneto, appunto), al primo piano dell'edificio noto quale 'u palazzo dei catenielli, fresco di nozze, abitava il professore Lucarelli, insegnante di lettere, originario di Arpaia.
La mattina dell'alluvione, nell'alzarsi dal letto, nel momento di porre i piedi a terra, si accorse che le pantofole si muovevano sull'acqua.
Pensò, allora, che la sua padrona di casa, nota per la sua distrazione, tra l'altro sua dirimpettaia, la sera prima, avesse dimenticato di chiudere qualche rubinetto.
Nel momento in cui si accingeva ad allertare quest'ultima, fu travolto dall'acqua e con difficoltà riuscì a scappare ai piani alti.
Il professore Lucarelli riposa nel cimitero di Arpaia e quando mi capita di attraversare quel paese, il luogo sacro è ubicato lungo la strada provinciale, ricordo sempre questo episodio che appartiene alla mia fanciullezza.
In definitiva, i danni causati dall'alluvione furono molti.
A testimonianza vi è, a memoria storica, l'ampia ed eloquente documentazione delle richieste inoltrate al prefetto dell'epoca, De Sena, per potere beneficiare del risarcimento, così come disposto dal Decreto Legge numero 1334 del 15 dicembre 1951, da parte di molti titolari di esercizi commerciali ed artigianali del rione Ferrovia (si tenga conto che le foto che pubblichiamo, come afferma una discalia posta su una di esse, sono di una quindicina di giorni dopo l'alluvione e servivano, appunto, per certificare i danni subiti).
Tra queste, quelle delle ditte Giuseppe Vitiello, Giovanni Silvestri, Alfredo Di Nunzio, Giuseppe Verde, Ugo Boscia, Angelo Nazzaro e di tanti altri.
Ingenti i danni subiti dall'impresa di costruzioni Mario Delli Carri e della ditta Pescatore mobili.
L'impresa Delli Carri, con sede in piazza Commestibili, era stata appaltatrice proprio dei tre fabbricati Incis in Via Vittorio Veneto.
Nell'elenco analitico dei danni subiti, con relativa indicazione dell'ammontare complessivo in lire, sono elencati, dettagliatamente, tutti i materiali esistenti, al momento dell'alluvione, nel fabbricati Incis in opera ed a pie' d'opera.
Una quantità davvero enorme, tra sabbia, calce, marmi, gessi, mattoni pieni e forati, vetri, tavoloni, infissi, tubi, ferramenta e quanto altro necessario per realizzare una costruzione, tra l'altro, non di modeste dimensioni, ma comprensiva di tre fabbricati per complessivi 32 appartamenti (nella prima foto in basso, il deposito della calce, in uno scantinato dell'erigendo palazzo, tutta da buttare; nella seconda foto parte delle cantine sgomberate dal fango; nella terza foto il cortile di un gruppo di fabbricati ed infine nell'ultima foto tutto il materiale raggruppato per essere buttato).
Quindi, i danni dell'impresa Delli Carri furono davvero ingenti". continua

 

 

comunicato n.145263




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