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Benevento, 20-01-2019 08:06 ____
Ricordo quando, da ragazzo, a fine mese, vedevo mio padre dividere lo stipendio in tante buste, quelle gialle di un tempo
Ciascuna era destinata alla custodia delle spese per i servizi di prima necessita' della famiglia: Gas, acqua, energia elettrica, villeggiatura, spese impreviste, generi alimentari. Oggi quest'abitudine puo' far sorridere i giovani ma a quei tempi...
di Giuseppe De Lorenzo
  

Qualche settimana fa, di sera, nell'accendere la televisione, in una delle consuete rubriche politiche, in cui si afferma tutto ed il contrario di tutto, mi è capitato di ascoltare, da parte di un giornalista che vi partecipava, un ricordo del tempo passato che, guarda caso, ha fatto il paio con uno simile al mio.
Nell'esprimere il suo giudizio sulla difficile situazione economica attuale, il partecipante all'incontro ha, testualmente, affermato: "Ricordo quando, da ragazzo, a fine mese, vedevo mio padre dividere lo stipendio in tante buste (nella foto in basso un esemplare), quelle gialle di un tempo (foto), destinata ognuna alla custodia delle spese per tutti i servizi di prima necessità della famiglia".
D'improvviso, anche se ascoltavo la trasmissione senza alcun interesse, quella frase mi ha scosso e mi ha permesso di andare molto indietro nel tempo.
Che razza di scherzi, ho pensato, può giocare la memoria!
Ed, infatti, la persona avanti negli anni, anche la più povera, è proprietaria di quella immensa, fertilissima tenuta che è il passato, attraverso la quale si passa seminando ricordi.
Questi, poi, fioriscono tutti.
I belli diventano ancora più belli, i brutti, abbellendosi via via che ci si allontana dal giorno in cui furono seminati, arrivano, in ultimo, ad assumere l'aspetto di quegli alberi meravigliosi che il giovane sogna sorgenti lungo il prato dell'avvenire, ma quando arriverà sul luogo non li troverà. Il vecchio, invece, i ricordi li fabbrica lungo la strada cui, tanto tempo prima, ha voltato le spalle, con il vantaggio che non potrà mai tornarvi per verificare.
Così, l'altra sera, d'un tratto, mi sono ritrovato a cincischiare con qualche ricordo spuntato da chissà dove e l'intervento in proposito di quel giornalista ha posto, senza volerlo, uno sgambetto alla mia attuale e sicura andatura di adulto.
Sì, quelle buste gialle, rigorosamente catalogate per indicare la destinazione del contenuto, le ho viste anche a casa mia.
In quel tempo, davo poca importanza ad un'espediente del genere che il mio occhio percepiva distratto, non valutando che un giorno lo avrei ricordato comprendendolo appieno e dando, nel contempo, ad esso tutto il valore che allora non ebbi la lungimiranza di concedere.
Ed, infatti, di quegli anni potrei ricordare tanti altri episodi che costituivano il motore della saggezza familiare.
Su ogni busta una indicazione: Gas, acqua, energia elettrica, villeggiatura, spese impreviste, generi alimentari e giù di lì.
Mio padre le custodiva, con il danaro che contenevano, in un piccolo vano che aveva fatto ricavare dal falegname nella parte superiore dell'armadio.
Ricordo ancora il letto matrimoniale dei miei genitori riflesso proprio nello specchio dell'armadio.
Certo, ed è naturale che sia così, ai giovani d'oggi un'abitudine del genere fa sorridere, ma il solo fatto che vi sia ancora qualcuno che ne faccia riferimento vuol significare che consuetudini del genere, espressioni dell'economia familiare di un tempo, conservino, comunque, una loro validità non solo in chiave squisitamente nostalgica.
In tante case, l'economia si pianificava in questo modo. Erano gli anni della ripresa e le rovine della guerra venivano lasciate alle spalle. La famiglia aveva un valore diverso. Poi, pian piano, tutto è stato smarrito.
Le lunghe chiacchierate, la sera, a cena, hanno ceduto il posto alla televisione ed i telegiornali sono divenuti un vero e proprio bollettino di guerra.
Dalle parole del giornalista sono ritornate, prepotentemente, alla memoria non solo quelle indimenticabili buste gialle, ma tanti ricordi.
Il mese di giugno, ad esempio, con la chiusura delle scuole e le fughe in motorino, allora eravamo in pochissimi ad averlo; l'attesa della partenza per il mare; la carezza di mia madre che, a sera, dopo carosello, conciliava il mio sonno; il buongiorno, sempre di mia madre, con il quale aveva inizio un'altra giornata.
Abbiamo voluto trasformare la quotidianità della nostro vivere, intessuto di gesti ed esperienze semplici, e siamo sprofondati in una vita che non ci offre più nulla.
Bisogna ritornare a credere ai valori dell'esistenza ben vissuta, di cui, ogni giorno, scrivere una pagina che deve meritare di essere scritta.
Così, in tutta onestà, non vivo felice l'ultimo tratto di vita, per il fatto che nessuno è felice, vivo, però, sereno.
La mia quotidiana compagnia è offerta dagli affetti, dai pazienti cui ancora mi dedico con passione, dai libri, dai miei ricordi.
Questi ultimi non mi distruggono, ma sono, mi si creda, una compagnia, una benefica compagnia.
La memoria, è inutile negarlo, rimane l'anima di ognuno di noi.

                                              

comunicato n.119242




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